Quando venire alla luce, nasconde qualche ombra

Autore: Chiara Delia e Consuelo Aringhieri

Quando venire alla luce, nasconde qualche ombra Le prime fantasie associate al diventare genitori accompagnano già nostri giochi infantili e la nostra crescita, modificandosi fino al raggiungimento dell’età adulta. La genitorialità, presagita nel gioco infantile, viene inserita in quelle tappe evolutive che la nostra cultura considera parte naturale dell’esistenza.

Spesso, nel passaggio dalla fantasia alla realtà, le donne si ritrovano a confrontarsi con un’idea di maternità fortemente idealizzata, dove le idee romantiche si trasformano in vere e proprie aspettative irrealistiche verso se stesse e verso la propria famiglia. Tali aspettative rendono talvolta più difficile per le future mamme prendere contatto con gli aspetti più negativi della maternità. Perché l’amore materno può anche non essere un istinto, ma un processo da costruire. Non si nasce “genitore”, lo si diventa: se nove mesi servono al feto per giungere al completo sviluppo, questi sono necessari anche alla madre per prepararsi, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente all’evento nascita.

In questo periodo si assiste a numerosi cambiamenti sia a livello individuale che di coppia, sul piano sociale, su quello legato alla propria immagine corporea, alle proprie relazioni interpersonali e al proprio Sè. Questi cambiamenti, se da un lato sono del tutto fisiologici, dall’altro possono essere fortemente destabilizzanti. Il confronto con un corpo che si trasforma, accompagnato dal cambiamento di ritmi fisiologici, gusti ed abitudini, è talvolta fonte di disagio, un disagio che può rimanere inespresso, perché una futura mamma “deve per forza” essere felice. Non sempre, infatti, un certo ideale di maternità tiene conto di tutta una serie di elementi di ambivalenza che permeano la gravidanza ed il puerperio: gioia, entusiasmo, sorpresa talvolta cedono il passo alla tristezza, rabbia, paura in un rimescolarsi di emozioni. La donna, in questi casi, non si sente all’altezza delle aspettative del contesto intorno a lei e si sente diversa dalle altre mamme “da pubblicità”, sempre così sollecite ed entusiaste nell’accogliere la nuova vita con tutti i cambiamenti che questa comporta.

Anche nella nostra esperienza di clinici ci siamo più volte confrontati non soltanto con disturbi conclamati ad insorgenza durante gravidanza, ma anche con il bisogno di accoglienza, sostegno e contenimento di paure e fragilità, così diffuse e spesso sottaciute dalle future madri. Per questo crediamo sia necessario, da parte di tutti gli operatori coinvolti nella gestione clinica della gravidanza, ogni possibile sforzo per intercettare e prevenire condizioni di sofferenza emotiva, ma anche che sia fondamentale che le donne ed i loro familiari siano in grado di riconoscere i possibili segnali di allarme e di individuare gli specialisti curanti di riferimento.

Tutto questo non solo per permettere alle gestanti di vivere un momento così prezioso ed irripetibile nel modo più sereno possibile, ma anche per prevenire disturbi nella relazione mamma bambino, patologie clinicamente più rilevanti nel post partum o conseguenze sull’andamento della gravidanza (basso peso alla nascita, preeclampsia, parto pretermine).

È stato ad esempio evidenziato come la manifestazione di un disturbo d’ansia in gravidanza triplichi la probabilità di sviluppare un disturbo depressivo nel post partum. Sebbene la prevalenza del disturbo d’ansia in gravidanza sia simile a quella di altre fasi della vita della donna, questo riguarda circa il 13-15 % (sebbene calcolato su popolazione non italiana) 1 2 , dati che sollecitano attenzione, sia per una pronta presa in carico, sia in ottica preventiva. Lo stesso vale per i disturbi sul versante depressivo in gravidanza che, va sottolineato, sono tra i principali fattori di rischio per la depressione post partum. Sono ancora pochi i dati sulla popolazione italiana, ma si stima che una percentuale di donne, che varia dal 10-16 al 14-23%, soffra di disturbi dell’umore in gravidanza 3 , con una prevalenza superiore nel primo trimestre 4 , forse anche in relazione alle difficoltà nell’accettare lo stato di gravidanza e per le paure a questo legate, in particolare quando non attesa. La percentuale di donne che in questa fase, riceve una corretta diagnosi e terapia è piuttosto bassa, sia per la resistenza nel rivolgersi agli specialisti del settore, che per la difficoltà a differenziare tra reali sintomi depressivi conclamati e fisiologiche e temporanee flessioni del tono dell’umore, legate a naturali cambiamenti del corpo, del peso, del ritmo sonno/veglia, tipici dell’evoluzione della gravidanza, che provocano stanchezza fisica, mentale ed emotiva, a causa di cambiamenti fisiologici ed ormonali.

Da quanto riportato, emerge ancora una volta la delicatezza e l’importanza che il periodo della gravidanza rivestono nella vita di mamma e bambino. Per questa ragione, affinché le madri siano accompagnate e “contenute” e MAI lasciate sole è importante che vengano superati timori e resistenze e che ci si rivolga tempestivamente a psicoterapeuti competenti nel sostenere le donne in gravidanza. Per quanto fin qui evidenziato l’Associazione Eco ha attivato un servizio volto al sostegno e accompagnamento ad una genitorialità serena e consapevole oltre che a prevenire e trattare disturbi delle donne in gravidanza e nel puerperio.


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