La cinesica

Autore: Emanuele Fiorini


Cinesica
Nel prossimo articolo verrà fatto riferimento alla “cinesica”, termine coniato dall’antropologo Birdwhisteel (1970) cioè: la parte del linguaggio non verbale che studia ogni gesto corporeo (chiamati anche “cinemi”). Ogni cultura ne ha diversi e con rispettivi significati, che servono alla persona per comunicare qualcosa a chi guarda, inconsciamente o consciamente, completando ed integrando ciò che viene detto con le parole.
 
I Gesti
Delle volte il gesto può essere anche compreso autonomamente senza l’uso delle parole perché spesso anticipa in qualche modo cosa la persona vuole comunicare verbalmente (Abozzi, 2003, pag. 38; Argyle, 1992, Pag. 184; Birdwhisteel, 1970; Bonaiuto - Maricchiolo, 2003, Pag. 52-53;  Dallaga, 2007;  Formella 2009, Pag. 106). Inoltre, facendo riferimento a Pacori (2000, Pag. 38, 39) “distinguiamo tali gesti in indicatori e rivelatori, i primi fungono da supporto alla comunicazione verbale, mentre i secondi, con forte componente involontaria e in stretta relazione con la cultura di appartenenza, tendono a mostrare le vere intenzioni dell’emittente”. Il gesto solitamente è un mezzo che completa ed integra ciò che viene detto con le parole, anche se in rari casi può assumere un significato autonomo. Ne consegue che la forma di comunicazione più efficace è quella in cui alle parole si accompagnano i gesti, ma è giusto precisare che non è possibile interpretare nessun gesto al di fuori del contesto in cui è prodotto, poiché non esiste ancora una “grammatica della comunicazione non verbale” (Nanetti, 2003, 112), quindi è necessario tener conto della variabile culturale. Tra le varie tipologie di gesti, troviamo:
  • Gesti illustratori, che accompagnano il discorso con l’intento di fornire messaggi visivi in grado di confermare o rinforzare il contenuto, per la maggior parte di origine subconscia.
  • Gesti simbolici o emblematici, dotati di un significato specifico condiviso all’interno di un certo gruppo o di una certa cultura, e sostituiscono le parole.Un esempio è il gesto del pollice alzato, che significa conferma o vittoria.
  • Gesti indicatori dello stato emotivo, che tradiscono le nostre emozioni, positive o negative che siano, e in generale sono compiuti inconsapevolmente. Tra queste vi sono le espressioni facciali, gesti degli arti, posture e movimenti, che spesso causano la “fuga di informazione”.
  • Gesti di adattamento, simili agli indicatori dello stato emotivo, rivelano il nostro stato d’animo e difficili da controllare volontariamente. Spesso rivelano quando la persona mente o persegue una forma di inganno. Comprendono i cambiamenti di postura e i movimenti, le azioni diretti verso il proprio corpo (come toccarsi i capelli o il volto), e azioni come mordicchiare la matita togliere gli occhiali ecc. (gesti centrati sull’oggetto).
  • Gesti regolatori, atti che si compiono allo scopo di regolare le funzioni del dialogo fra parlante e ascoltatore e che, al contempo, indicano le nostre intenzioni. Tra questi vi sono gesti come annuire, il contatto oculare e i cambiamenti nella posizione del corpo. (Borg, 2009, 23-24).
Come abbiamo precedentemente illustrato prima, ogni gesto e condizionato dalla cultura di appartenenza ergo ha significati diversi in ogni parte del mondo; ma c’è un gesto speciale che ha lo stesso significato per tutto il globo, il sorriso, anche se viene usato in diverse occasioni e situazioni, ha caratteristiche peculiari in tutte le culture (Dallaga, 2007, Pag. 70). Approfondiremo l’argomento nel prossimo sottoparagrafo essendo un elemento facciale.

Il volto
Il volto è la parte più sensibile del corpo umano, la parte che reagisce maggiormente agli stimoli esterni, alle emozioni e alle reazioni che essi suscitano. Ha una funzione primaria nella CNV l’espressione che può assumere la persona quando interagisce, dunque inevitabilmente sottolinea ed enfatizza ciò che sta dicendo (Formella, 2009, Pag. 104; Guglielmi, 2012, Pag. 7). Lo studio del volto, nella CNV, include i movimenti delle sopracciglia e della fronte precisamente il sorriso, la posizione degli occhi e le microespressioni (Bonaiuto, Maricchiolo, 2003, Pag. 65; Ekman, 2010, Pag. 104; Nanetti, 2003, Pag. 99; Russel, Fernandez Dols, 2001). Il primo elemento che trattiamo è la fronte che si divide in tre parti: superiore, media ed inferiore: la prima che arriva fino all’attaccatura dei capelli e la zona dei pensieri, della fantasia, della creatività che è fonte del immaginazione e dell’astrattezza; quella media invece e la parte per poter giudicare e decidere; Infine la terza parte, quella inferiore, quella vicino alle sopracciglia ha la capacità dalla raccolta delle informazioni, era molto utile per i nostri antenati (Guglielmi, 2012, Pag. 52-56). Le sopracciglia sono uno dei tratti più espressivi e più mobili del volto quasi tutti i movimenti delle sopracciglia avvengono in concomitanza con la formazione delle pieghe (Birkenbhil, 2002, Pag. 102 - Guglielmi, 2012, Pag. 63). Questo elemento del volto, lo analizzeremo divulgando le differenze tra uomo e donna: per gli uomini abbassarle è l’atto con cui comunica un atteggiamento di predominio o di aggressività, sollevarle invece denota sottomissione; invece le donne le alzano per mostrarsi più infantili, questo gesto è molto forte verso gli uomini poiché scatena la liberazione degli ormoni nel cervello che a sua volta stimola il desiderio di difendere il gentil sesso, invece le abbassano per sottomettersi sessualmente e ciò conferisce alla donna un aria misteriosa ed enigmatica (Pease, Pease, 2010, Pag. 167-170). Sia i movimenti della fronte sia quelli delle sopracciglia sono fondamentali nei rapporti sociali perché manifestano l’attenzione o il disappunto di chi ascolta (Formella, 2009, 104). Il secondo elemento fondamentale del volto è la bocca, su di essa lavorano muscoli facciali che operano in maniera autonoma; secondo Borg (2009) più le labbra sono dischiuse e più vengono considerate indice di apertura verso il mondo, più sono serrate e tese e più esprimerebbero sentimenti negativi e di rifiuto. Il sorriso invece, può denotare un’emozione positiva come la gioia ed è anche un’espressione che ci troviamo spesso ad adottare per convenienza sociale, è utile per indicare di aver capito, alleggerire una situazione tesa, per farsi perdonare (Borg. 2009, Pag. 65 - Corsaro, 2011, Pag. 55-56). Nell’adulto il sorriso può essere di due tipi:
- Il sorriso sociale, caratterizzato dagli angoli della bocca che si avvicinano alle orecchie senza alcuna attività nella zona perioculare. Questo è dettato dalla convenienza sociale o da un atteggiamento di falsità dalla persona.
- Il sorriso spontaneo, (o sincero), caratterizzato dagli angoli della bocca che si spostano in alto in direzione degli occhi, mentre nella zona perioculare si formano delle rughe tipiche.

Quindi mentre nel sorriso sociale vengono coinvolti solamente gli zigomi, il sorriso genuino prevede l’attivazione di molti dei muscoli facciali. Questo secondo sorriso esprime emozioni reali ed è spontaneo. (Corsaro, 2011, 55-56): Fra tutte le espressioni del viso, il sorriso è, insieme allo sguardo, quell’aspetto espressivo che ha maggiori poteri sugli altri. Con un sorriso si può perdonare, indicare di aver capito, alleggerire una situazione tesa, ecc. Il sorriso può denotare un’emozione positiva e manifestare gioia, ma è altresi un’espressione che ci troviamo spesso ad adottare per convenienza sociale (Corsaro, 2011, 55).
 
 Micro Espressioni
Scoperte da Ekman (2010) con il sistema “FACS”, sono un piccolo e breve movimento del viso che corrisponde ad una fuga di informazione in quanto rivela i veri sentimenti della persona. Esse appaiono nel momento in cui il sentimento viene realmente provato, innescando questo movimento involontario che dura per una frazione di secondo, che poi il nostro volto maschera perché non vuole rivelare cosa stiamo provando, mostra gli indizi più efficaci, di cui possiamo affidarci, per leggere non solo l’emozione ma anche i pensieri la persona con cui si sta avendo una relazione (Borg, 2009, Pag. 68; Corsaro, 2011, Pag. 91-93).  Ekman e Friesen, con i loro studi (1969), sono riusciti a giungere alla conclusione che il viso è in grado di fornire informazioni esatte circa le emozioni espresse dalle persone in ogni parte del mondo, esistono dei movimenti distinti, microespressioni universali di sei tipologie di emozioni fondamentali e sono: sorpresa, paura, collera, disgusto, gioia, tristezza. Secondo Ekman, attraverso queste è possibile arrivare a 7000 variabili con cui la mimica facciale può esprimersi (Ekman, 2010; Fasano, 2006, Pag. 21-22; Pacori, 2013, Pag. 33). Molte di queste microespressioni possono essere manipolate, ma come riescono gli attori più bravi (come Jim Carrey) esperti della comunicazione non verbale, a riuscire ad utilizzare un elemento involontario? Prima di tutto perché la maggior parte delle persone non riesce a indovinare le bugie guardano il viso di chi comunica, quindi non sa comprendere quali siano le espressioni autentiche da quelle fittizie. Tutto ciò avviene dalla differenza delle espressioni vere a quelle false. Quelle vere, di una qualsiasi emozione universale o meno, si presentano con un movimento dei muscoli facciali involontario, senza che la persona intervenga con pensieri o intenzioni. Quelle false invece compaiono perché c’è un controllo volontario sul proprio viso, che permette di inibire la mimica autentica e di assumere un’espressione calcolata, finta (Ekman 2011, Pag. 113).
 

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