Genitorialità al tempo del Covid-19

Autore: Gilberto Kalman

Genitorialità al tempo del Covid-19 Come è noto, l’11 marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la pandemia per il COVID-19. In una condizione pandemica si rendono necessarie misure drastiche e restrittive al fine di contenere la diffusione del virus. Queste misure ci hanno portato in un lasso di tempo brevissimo a stravolgere completamente i nostri schemi di azioni e relazioni. Separati dagli affetti e dalla normale routine quotidiana ci si è trovati a fare i conti con un senso di isolamento e di solitudine. Le domande e le paure provate, pensate, percepite in questo momento possono essere molte e anche profondamente angoscianti poiché non è chiaro quando finirà tutto questo, quando si potrà ritornare a condurre una vita senza restrizioni e, infine, non è possibile individuare in modo univoco quali saranno le ripercussioni sul piano economico, sociale, sanitarie e psicologico. Ciò nonostante, all’adulto rimane l’oneroso compito di cercare un equilibrio tra lo stato di emergenza e la routine quotidiana, anche quando quest’ultima viene stravolta. Quando l’adulto è anche genitore sicuramente il carico si moltiplica, proviamo quindi a fare un po’ di luce sugli aspetti della genitorialità ponendo riflessioni e suggerimenti dando qualche punto fermo verso cui indirizzare il proprio agire.
Cosa dicono le ricerche (1,2) sugli episodi di quarantene avvenuti precedentemente la comparsa del Covid-19? Insonnia, sintomi depressivi, irritabilità, ansia e la comparsa di sintomi da stress post traumatico sono tra i più frequenti a comparire assieme al senso di isolamento e di solitudine. Vediamo ciascuno stressor e cosa si può fare per evitare di far nascere o ridurre al minimo il malessere psicologico:

Durata della quarantena: maggiore è la durata della quarantena e maggiore è il rischio di non godere di una buona salute psicofisica
Fermi, lo so quello che state pensando, il lockdown italiano perdura dal 9 marzo, quindi è praticamente un mese. L’isolamento e la coabitazione forzata hanno un costo enorme, l’attività sportiva è praticamente azzerata (se non è praticata indoor), le attività ludiche, le passeggiate familiari, i contatti sociali annullati. Siamo tutti alla frutta? Ovviamente no, per riuscire a stare bene con se stessi e far star bene i propri figli sono sufficienti poche e chiare regole. Un primo esempio è la gestione dei conflitti, si sa che vivere, in tempi di pace, sotto lo stesso tetto può creare attriti molto forti e litigi anche accessi, figuriamoci in un momento così instabile come questo cosa può produrre a livello di conflitto. Bisogna però tenere a mente che litigare in famiglia, se resta entro soglie tollerabili, è il modo migliore per sperimentare il conflitto in modo sicuro e portarlo poi all’esterno della famiglia, come proprio bagaglio personale. Sullo stesso livello si pone anche il poter far sperimentare al figlio che i genitori si possono trovare su due posizioni opposte, ma che attraverso il dialogo sanno trovare una sintesi alle loro posizioni di partenza. Bisogna poter verbalizzare ciò che crea questa tensione in modo da creare la base narrativa su cui costruire un dialogo familiare.
Uno spunto che può essere utile per sentire maggiore equilibrio è un cambio di prospettiva rispetto alla quarantena che si sta vivendo anche troppo coattamente, forse. Da “rinchiusi in casa” (che si porta tutta una serie di connotazioni negative) a “al sicuro in casa” (in questo cambio di visuale la cognizione su di sé e sui propri figli si pone con una connotazione di protezione e di sicurezza di sé stessi, per sé stessi e verso gli altri).
Restando in tema di equilibrio il genitore deve avere, e mantenere, una posizione che sia realistica rispetto a quello che sta succedendo (ad esempio non facendo finta che sia tutto normale o facendo finta di non essere minimamente preoccupati quando magari si è spaventati), scientificamente informata (più avanti vediamo nel dettaglio questo punto), emotivamente equilibrata (cioè in contatto con le proprie emozioni e nella consapevolezza di quello che succede), infine, tenendo una posizione né svalutante né sottovalutante degli altri e dei pericoli che possono essere presenti. In altre parole i genitori rappresentano per i propri figli una vera e propria finestra sul mondo, cioè fanno da cassa di risonanza di quello che avviene fuori dalla porta di casa. Ecco che, allora, risulta importantissimo (in qualsiasi fascia di età) saper introdurre il mondo senza personali distorsioni (magari angosciose, ansiose o peggio ancora persecutorie) ma consentendo al proprio figlio di trovare nella sua figura di riferimento un punto saldo a cui identificarsi. Lo strumento d’elezione per fare ciò è la narrazione: ?
Tema contiguo alla narrazione è la scelta con cui questa viene fatta e lo stile adottato poiché come genitori si ha una grandissima responsabilità comunicativa (attenzione questo vale sempre, ma in questo momento ancora di più): non solo conta il cosa diciamo, ma soprattutto come lo diciamo! Questo perché è facile che le bugie raccontate (immagino per loro protezione perché magari non si sa come raccontare che si ha paura, si è preoccupati etc…) vengono riconosciute in fretta con conseguente perdita di credibilità. Bisogna raccontare sempre la verità ai propri figli, ma adeguando la terminologia utilizzata in modo che si adatti alla comprensione e al mondo dell’infante, del bambino o dell’adolescente.
Un altro punto essenziale su cui interrogarsi è come gestire la quotidianità, come tutte le cose il compito più arduo spetta proprio ai genitori, i quali devono suddividersi tra lavoro (nel caso si stia ancora andando), smartworking, gestione domestica e homeschooling (didattica a distanza e video lezioni, compiti etc). Sarà quindi l’adulto a cadenzare la giornata mantenendo, per quanto possibile ovviamente, delle regolarità. A seconda dell’età del/dei figlio/i ci sarà una strutturazione differente, ma bisognerebbe rispettarla sempre: ad esempio, mantenere una regolarità sugli orari di sveglia e andata a dormire; al mattino dedicare parte delle ore a disposizione a studiare e/o a seguire le lezioni a distanza. Nel pomeriggio ritagliarsi degli spazi di gioco/svago e a seconda dell’età meglio non eccedere con tablet, cellulari, console etc (al di sotto dei tre anni non ci deve proprio essere accesso, nella fascia materne sarebbe meglio evitare, ma se ciò non è possibile limitare a 2/3 volte a settimana per una ventina di minuti massimo a volta; per la fascia di età 6-11 mantenere 2/3 volte a settimana con un tempo di utilizzo che non supera i 45 minuti, un’ora).
In questo contesto è molto facile che possa avvenire una regressione (a livello comportamentale e/o linguistico) soprattutto dei bambini al di sotto degli 11/12 anni. Questa va assecondata la maggior parte delle volte, va capita, compresa per dare spazio a ciò che il/la figlio/a sta provando e sperimentando, per questo motivo risulta fondamentale dare una routine che aiuti nel contenere le ansie e le angosce che attraversano il bambino o l’adolescente. Perché può avvenire questa regressione? Perché non c’è lo spazio, il contenitore, dove rovesciare tutto questo, o meglio, precedentemente veniva riversato su altri livelli (scuola, amici, sport etc…), ma adesso sono solo i genitori i contenitori presenti h24. Bisogna armarsi di tanta pazienza perché non bisogna sgridarli o rimproverarli!

Paura del contagio/ di contagiare: la preoccupazione maggiore risulta quella appunto di essere contagiati e/o contagiare, soprattutto i propri familiari e i propri figli. Sottostante a questa paura è presente la preoccupazione connessa con la morte. L’intensità di queste sensazioni proviene dalle risorse personali che sono spendibili sul versante emotivo e psicologico, dal lavoro che viene svolto e dalla percezione che si ha del rischio.
Come fare? Anche in questo caso è fondamentale ammettere quello che si sta provando, ad esempio paura, perché si sta provando quel tipo di sensazione e in questo modo dotarlo di senso, narrarlo. Fare lo stesso con i propri figli che magari chiedono o non si osano farlo come sta il proprio punto di riferimento. Quale migliore occasione viene presentata per far vedere come si fa? Per trasmettere come si diventa grandi e forti, forte, infatti, è colui che ha la possibilità di sentire tutte le emozioni che esperisce dandosi la possibilità che queste arrivino così come sono in modo da conoscerle e gestirle. Può essere un canale, con i bambini della materna e delle elementari, ad esempio passare dal disegno rispetto alle paure che hanno per sé o per i propri genitori, con gli adolescenti può essere utile passare da canzoni che ascoltano o domandando loro cosa ne pensano dell’influencer che seguono, o youtuber etc. L’aspetto importante è che ci sentano disponibili, vicini, sinceri, autentici ricordando di lasciare loro spazio rispetto a quello che pensano o temono.
Una facilitazione delle comunicazioni è data dall’accesso ai dispositivi tecnologici che permettono di annullare distanze, ma anche far sentire più vicini in questo momento di pesante limitazione delle libertà personali. In questo senso può aiutare a gestire le angosce di contagio e di morte lasciare che i tempi passati davanti ai device (stiamo parlando di adolescenti) per video chiamate (singole o di gruppo) sia superiore rispetto alla norma; caso differente per i bambini al di sotto degli 11 anni, qui il lavoro deve essere fatto dai genitori (vedi sopra) senza escludere videochiamate agli amici o ai parenti (ma il tempo e la gestione di questo deve essere sempre in mano all’adulto cercando di non superare le 3 volte a settimana). Al di sotto dei 6 anni sarebbe preferibile interazioni con le videochiamate se non eccezionalmente e sporadicamente, ricordando che sotto i due anni non si hanno gli strumenti per capire e gestire cosa sta avvenendo e fondamentalmente l’unico legame di cui si ha necessità in quella fascia d’età è quello genitoriale.
Infine, per fronteggiare la minaccia della morte stiamo osservando come l’impotenza che ci ha colpiti si trasformi nella migliore occasione cioè creare condivisione tra le persone in quarantena (questo è il senso dell’appuntamento sui balconi e dei flash-mob) ma da soli non sono sufficienti a dare continuità a tutto questo, c’è bisogno di senso e di narrazione.

Frustrazione e noia.
Il confinamento coatto ha fatto perdere la routine quotidiana e ha fatto perdere quei piccoli gesti che davano un senso e senza i quali ci sentiamo persi, vuoti, annoiati noi adulti figuriamoci le piccole creature che si aggirano per casa. Aiuto cosa faccio? Lascio mio figlio giocare tutto il tempo alla play o lo riempio di cose da fare? Fermi tutti! La noia è uno strumento importantissimo per un bambino nella sua crescita per poter imparare a connetterci con quello che siamo nella nostra personalità e intimità. Nella vita pre-Covid-19 credo che l’agenda di vostro figlio fosse scandita quasi al secondo tante le cose che aveva da fare (scuola, compiti, allenamenti, feste, appuntamenti, parenti etc), bene ma mancava, forse, una cosa importantissima: uno spazio lento che permettesse di stare ed esplorare le emozioni. Ora c’è, volenti o nolenti, sfruttiamolo! Partiamo dalle fake news: lasciarli annoiare non equivale a trascurarli, la noia non è depressione, vanno però accompagnati in questo percorso e non lasciati da soli. La noia permette di cercare all’interno di sé stessi, di impegnarsi attivamente, di scoprire cosa gli piace veramente e di trovare soluzioni a compiti creativi, insomma tutt’altro che una mente sonnecchiante. Imparare, bene, a stare con la noia dà la possibilità di sentire cosa si prova e quindi connettersi con le proprie emozioni e imparando a gestirle e, invece, a rifuggirle o a gettarle all’esterno senza sapere cosa farne. Se, da genitore che ha paura di questo vuoto perché magari è la mia paura di rimanere con la mia noia, propongo subito qualcosa, una soluzione implicitamente sto svalutando mio figlio dicendogli che ha bisogno subito di qualcosa perché da solo non si basta, che con sé stessi non si sta bene e c’è necessariamente bisogno di qualcosa che li intrattenga. Nulla di più sbagliato, se stessi è un bel posto dove stare, ci si può fare domande, capire cosa si può fare. Vanno accompagnati in questo poiché da soli non lo sanno fare bene, allora può essere utile programmare momenti di vuoto, e quale momento migliore se non questo dove è più semplice trovare questo vuoto e magari non riempiendolo subito…
In tema di momenti lenti può essere utile proporre (ad un pubblico di adolescenti e perché no ai genitori) di ascoltare, prima di andare a letto per esempio, storie in podcast. Questo genere di attività consente di affascinarsi alla lettura fatta da una voce esterna che guida nel testo e porta la mente a focalizzarsi meglio su quello che provano a livello emotivo. Per i bambini sotto gli 11 anni questo discorso non vale, la lettura deve essere fatta dall’adulto a fianco a lui, magari nel rituale della buonanotte in cui raccontarsi anche la giornata e cosa si è provato a livello emotivo. Da tutto questo (per i bambini under 11) sarebbe meglio togliere la tv (soprattutto prima di andare a dormire) e lasciare al rituale della lettura e della narrazione emotiva la conclusione intima e calda della giornata.
Alcune indicazioni che possono risultare utili a coloro i quali non hanno la possibilità di avere un controllo su quello che avviene nel corso della giornata:
1) per le ricerche che si effettuano online si può mettere un filtro partendo dalle impostazioni di google (si chiama SafeSearch), questo filtro consente di bloccare temi considerati problematici o scabrosi, pertanto nella ricerca non vengono trovati.
2) Youtube, soprattutto tra i più giovani, spesso sostituisce la tv e si possono cercare no contenuti video che possono risultare problematici, scabrosi, violenti. Il problema in questo caso deriva dai video correlati che Youtube apre in automatico, come per google citato sopra, anche qui è possibile impostare una “modalità sicura” dalle impostazioni. Una valida scelta per gli under 10 è Youtube kids che offre contenuti adatti per i più piccoli dato che sono vagliati attentamente.

Informazioni inadeguate e percezione del rischio. Meno sono e più frammentate e caotiche sono e maggiore è la probabilità di trasformare le informazioni relative al Covid-19 uno stressor ma anche un predittore significativo di sintomi da disturbo post traumatico da stress.
Le comunicazioni riguardanti la diffusione del virus devono essere chiare e tempestive (non solo come informazioni da reperire, ma anche quella da portare all’interno della propria famiglia). Ricordo che le informazioni servono a trasmettere quello che sta accadendo. Se il proprio figlio dovesse sentirsi agitato o in ansia dalle notizie ricevute non va minimizzato né dirgli: “Non andare in panico” poiché questa comunicazione ha un effetto boomerang paranoico: intende di stare tranquillo ma sottointende che nella realtà non viene raccontata tutta la verità e tiene qualche informazione nascosta. La cosa migliore da fare è farsi sentire emotivamente saldi, che non si va in pezzi e offrire questo supporto.
Sempre rispetto alle informazioni ricordo che questi sono i canali ufficiali a cui far riferimento (Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/; Organizzazione Mondiale della Sanità: https://www.who.int/health-topics/coronavirus#tab=tab_1; Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus) e che il pluralismo di voci rischia di generare caos e confusione a valanga per cui ciascuno si sente libero e autorevole di dare i dire la sua versione, quando è tutt’altro che auspicabile. Questo però consente di mantenere una mente critica e autorevole ed è un messaggio niente affatto scontato ed è ciò di cui i nostri figli han bisogno. Inoltre, permette di non cadere nel tranello di improbabili (ma assolutamente veritiere come non credervi!!!) catene su whatsapp del cugino della panettiera amico del chirurgo che ha contatti con i vertici e che dirama un messaggio che nessuno ha ancora avuto modo di avere!
Questa pandemia ci spaventa e terrorizza perché ci ha reso consapevoli che è il legame umano che diffonde il virus, ma l’attaccamento umano promuove non solo benessere, ma soprattutto calore e fiducia. Utilizziamo questo tempo per imparare a stare con ciò che abbiamo, a stare bene nelle relazioni che ci nutrono e sfruttare il progresso tecnologico per dare un senso a quanto accade.

____________________________
1) S.K. Brooks, R.K. Webster, L.E. Smith, L. Woodland, S. Wessely, N. Greenberg, G. James Rubin, The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence, «Lancet», 395, 2020 pp. 912–20 Published Online February 26, 2020
2) Y.T. Xiang, Y. Yang, W. Li, L. Zhang, Q. Zhang, T. Cheung, Chee H Ng, Timely mental health care for the 2019 novel coronavirus outbreak is urgently needed, «Lancet», 7, 2020 p. 228-229 Published Online February 4, 2020 https://doi.org/10.1016/ S2215-0366(20)30046-8.
 

Categorie correlate