Essere genitori di figli digitali

Autore: Debora Tonello

Essere genitori di figli digitali Tra i compiti più difficili che un genitore è chiamato ad assolvere c’è l’impartire una buona educazione per favorire l’ottimale sviluppo del proprio figlio, ma, oggi, dare regole e stabilire delle routine che salvaguardino il benessere di tutto il nucleo può non essere semplice.

La letteratura ha dedicato ampio spazio all’analisi delle famiglie pre e post seconda guerra mondiale e all’ulteriore cambiamento avvenuto a partire dagli anni sessanta, momento in cui una rivoluzione sociale/culturale/economica ha investito la società occidentale. All’interno delle famiglie, i ruoli di padre e madre hanno subito delle trasformazioni e si è passati, come il dott. Pietropolli Charmet analizza in Adolescenti in crisi genitori in difficoltà, dalla “famiglia etica” a quella “affettiva”.

Da sempre l’avvento delle innovazioni tecnologiche ha un’influenza sull’uomo e più in generale sulla società. Se a metà degli anni ’50 la televisione è entrata nelle case delle famiglie italiane e in qualche modo ne ha modificato le abitudini, oggi l’avvento degli smartphone, dei tablet, delle console portatili e non, e della domotica più in generale, ha innescato un ulteriore cambiamento. Infatti, uno dei temi educativi più dibattuti negli ultimi anni riguarda l’utilizzo della tecnologia, come e quando avvicinarla ai bambini, che effetti ha sullo sviluppo emotivo-relazionale, cosa scegliere e come educare ad un utilizzo consapevole e sicuro.

È innegabile, quindi, che il nuovo panorama socio-culturale abbia avuto un impatto anche sulla genitorialità e sul rapporto genitori-figli, come si può, quindi, guadagnare il loro ascolto senza imporre un’autorità rigida e poco empatica? Come si può instaurare un rapporto di valorizzazione all’interno del quale i figli si possano sentire indirizzati, contenuti, ma non per questo costretti in regole che possono ad oggi percepire come obsolete o non supportate da modelli forti e da loro riconosciuti? Si può essere contemporaneamente una figura di riferimento emotivamente vicina e guida etico-morale? Talvolta i genitori rifuggono modelli rigidi educativi memori di quelli subiti, ma tralasciano però l’importante compito di guida che sono chiamati ad assolvere.

Il libretto di istruzioni purtroppo non esiste, così come non esistono soluzioni univoche, bensì si possono tracciare delle linee guida, spesso legate al buon senso, che mirano alla comprensione. Inoltre, una buona dose di fantasia individuale permette a ciascun genitore di trovare un equilibrio sufficientemente buono con il proprio figlio.

Il ricercatore statunitense Marc Prensky ha introdotto le definizioni “nativi digitali” e “immigrati digitali”. I primi sono i bambini e adolescenti di oggi e ne elenca le caratteristiche: l’uso della tecnologia in età precoce (anche prima di imparare a parlare e a scrivere), l’apprendimento in maniera spontanea della tecnologia, il ruolo sempre maggiore della tecnologia all’interno della loro quotidianità. I secondi sono coloro che sono entrati in contatto con la tecnologia in età adulta e che, pertanto, non possono essere metaforicamente classificati come “madrelingua digitali”, per loro la tecnologia non è sempre di facile utilizzo e richiede, sovente, un dispendio di risorse cognitive.

Tutto ciò sancisce una profonda differenza tra le due generazioni: genitori e figli hanno una visone ed un rapporto diverso con i mezzi digitali e arrivare ad un punto di comprensione reciproca non è sempre facile. Per un genitore, ad esempio, diventa complesso comprendere a cosa servano dei messaggi che restano visibili per 24 ore e poi scompaiono o perché i ragazzi si scattino molte foto; ma, passando attraverso la condivisione di queste nuove modalità, si può instaurare un dialogo costruttivo e capace di tutelare dall’uso scorretto e pericoloso di questi dispositivi.

Il dott. Riva nel suo testo La solitudine dei nativi digitali evidenzia l’influenza che i media digitali hanno sui processi cognitivi dei più giovani ed in particolare rileva l’impronta che lasciano sui modelli cognitivi con cui organizziamo la nostra esperienza della realtà, cioè sulla percezione, organizzazione e attuazione dell’azione. Per i nativi digitali la tecnologia è “trasparente”, intuitiva, e, sin da subito, sono in grado, usando le proprie risorse, di sfruttarla come risorsa anche se non ne comprendono il funzionamento. Potremmo definirli “madrelingua tecnologici”.

A fronte di questa “intelligenza efficiente”, tuttavia, occorre tenere in considerazione l’altra faccia della medaglia, ovvero l’influenza dell’uso della tecnologia sull’analfabetismo emotivo (alessimitia), ovvero sulla mancanza di consapevolezza e controllo delle proprie emozioni e dei comportamenti ad esse associati, sulla mancanza di consapevolezza circa i motivi per cui si prova una certa emozione, sull’incapacità di relazionarsi con le emozioni altrui e con e con i comportamenti che da esse derivano. Questo può, talvolta, condurre i giovani a valutare grossolanamente alcune situazioni, ingigantendole o minimizzandole, con gravi conseguenze sul loro benessere emotivo e relazionale.

Il mondo scientifico sta riservando una particolare attenzione a questo argomento, dedicando tempo e spazio alla ricerca circa l’influenza dei nuovi media in età evolutiva. L’American Academy of Pediatrics evidenzia che l’uso della televisione e dei dispositivi touch sia dannoso prima dei 2 anni, con ripercussioni sullo sviluppo del linguaggio, sui processi di pianificazione, controllo e coordinazione del sistema cognitivo. Sulla base delle osservazioni pubblicate dallo psicologo Nicolò Cesana-Arlotti su Science, in cui si mette in risalto la capacità dei bambini dai 12 ai 19 mesi di utilizzare processi logici, l’Académie des sciences, nel rapporto

L’enfant et les écrans, arriva alla conclusione che l’utilizzo delle tecnologie touch per il gioco interattivo può essere positivo dopo i 12 mesi a due condizioni: utilizzo di app esplorative/interattive in grado di facilitare la conoscenza del mondo e di sé; fruizione in gruppo o sotto la guida di un genitore, proprio perché uno dei rischi del loro impiego è la diminuzione delle interazioni sociali con una ricaduta sullo sviluppo relazionale e linguistico dell’infante.

Tutti in ogni caso concordano di non eccedere i 15 minuti di esposizione al giorno sotto i 2 anni estendibili fino a mezz’ora dopo i 2.

Proteggere i figli dai rischi della rete è un dovere genitoriale, pertanto stabilire modalità, orari ed utilizzo dei dispositivi diventa fondamentale onde evitare di cadere in estenuanti e poco proficui testa a testa.

Ogni periodo storico e socio-culturale ha caratteristiche peculiari, il mondo si trasforma così come le relazioni. Essere genitori richiede un confronto con il proprio passato, con i modelli appresi, che, talvolta, fanno sviluppare un desiderio di distanziarsene per “non assomigliare affatto” ai genitori avuti, mentre in altre occasioni spingono a ricalcare quel modello tanto amato. Tuttavia, ciò che resta centrale ed imprescindibile è il non perdere di vista il presente con le sue innovazioni e contraddizioni al fine di permettere a se stessi, insieme al proprio figlio, di imparare a conoscere e creare il futuro, insieme.


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