Disturbi del comportamento alimentare e autostima

Autore: Romano Morena

Disturbi del comportamento alimentare e autostima Esiste una correlazione tra i disturbi del comportamento alimentare e l'autostima?
Si osserva che i primi sono spesso associati ad un livello molto basso di autostima.
Vediamo in che modo.
 
I soggetti affetti da anoressia, sentendosi inferiori a causa prevalentemente di un attaccamento insicuro ambivalente con la madre in cui l'individuo non è altro che un “prolungamento” della stessa, tentano di dimostrare agli altri e a se stessi quanto siano “speciali”, quanto siano “capaci” di non mangiare, di controllarsi, insomma cercano riconoscimento, quel riconoscimento che sentono di non aver sperimentato nelle prime relazioni affettive.
Si può inoltre aggiungere che nelle famiglie in cui si presenta questa patologia, vi è un interscambio comunicativo non efficace, in quanto prevale la comunicazione non verbale, mediata soprattutto dal corpo.
Tale tipo di comunicazione è spesso ambigua e lascia molto spazio all' interpretazione del ricevente, per cui gli interlocutori non possono mai essere completamente certi che l’altro abbia capito o meno, abbia interpretato bene o no.
E’ pertanto inevitabile che, quando nella fase della pubertà il corpo va incontro a modificazioni visibili e repentine, esso non sia più per la giovane o il giovane un valido mezzo comunicativo, nel senso che può inviare in maniera autonoma messaggi (con l’arrotondarsi delle forme, il crescere del seno, l'arrocchirsi della voce, il crescere della peluria, etc.) in cui lei o lui non crede o non pensa.
Per cui l’anoressica o l'anoressico tentano, con il controllo della propria forma corporea, di monitorare l’espressività e la comunicatività del proprio corpo.
Molto spesso, inoltre, nelle donne, in cui questa patologia è più frequente, l’anoressia è spiegabile anche come il rifiuto della propria femminilità, della propria procreatività, esplicitandosi anche nell’amenorrea, ossia mancanza del ciclo mestruale.
I soggetti affetti da bulimia non si stimano, molto spesso non solo non si amano ma si disprezzano ed è per questo motivo che si “abbuffano”, evento che li riempi ulteriormente di vergogna di se e disistima.
 
Ma che cos’è l’autostima e come si struttura, come si manifesta?
Per cercare di chiarire, partendo dall'etimologia, troviamo il verbo stimare derivante dal latino "aestimare" che significa "valutare" nella duplice accezione di: "determinare il valore di" e "avere un'opinione su".
Da questo punto di vista il concetto di stima di sé racchiude:
- come ciascuno vede se stesso;
- come si giudica;
- che tipo di valore si attribuisce.
 
In questo senso la stima di sé si connota come un'esperienza molto soggettiva, legata più a ciò che ciascuno sente e pensa a proposito di se stesso, che non a quello che gli altri credono di lui.
 
In effetti, se ci pensiamo bene, di tutti i giudizi che vengono pronunciati su di noi durante la vita il più importante, e a volte il più critico, è proprio il nostro.
Ad esempio, una persona potrebbe sentirsi molto amata in famiglia, dal partner, dagli amici, godere di ammirazione e stima da parte dei colleghi di lavoro e ciò nonostante potrebbe anche non amarsi, o non ritenersi meritevole di tutta la considerazione e stima che gli altri le attestano.
 
Addirittura, qualcuno potrebbe corrispondere in tutto alle aspettative degli altri e tuttavia non essere soddisfatto di sé, oppure aver conseguito traguardi notevoli e sentire che non è abbastanza o che non ha realizzato niente di quello che effettivamente voleva, oppure ancora essere giudicato dagli altri equilibrato e sicuro e sentirsi del tutto inadeguato.
 
Come si vede, in tutti questi frangenti, più che da elementi oggettivi, o da giudizi altrui, ciò che rende insoddisfatta o perplessa la persona nei confronti di se stessa e di quanto ha fatto, è appunto il giudizio, il valore che lei stessa si dà.
 
Secondo Branden, (uno studioso di autostima) avere una buona considerazione di se stessi, quindi giudicarsi e pensarsi in termini favorevoli, agisce come una sorta di sistema immunitario dello spirito, che consente di affrontare in modo efficace quanto la vita ci propone e di attingere a capacità di ripresa qualora ci si confronti anche con gli inevitabili insuccessi; viceversa, una considerazione negativa di se stessi può determinare un maggior timore nell'affrontare i problemi e le circostanze della vita e una minore capacità di recupero di fronte agli insuccessi.
 
Pertanto, credere nel proprio valore e sentirsi intimamente sicuri, aiuta a rispondere adeguatamente a sfide e opportunità, viceversa se non crediamo in noi stessi e nelle nostre capacità e nel nostro essere degni d'amore e di stima affronteremo la vita con più difficoltà.
In effetti, se ci pensiamo, quanto più è alta la stima di noi stessi, tanto più tendiamo a essere ambiziosi, non solo e non necessariamente per quanto concerne la carriera o i guadagni, ma più in generale, per tutto ciò che speriamo di ottenere dalla vita, sia in ambito affettivo e sentimentale sia nella sfera intellettuale, creativa, spirituale.
Viceversa, più è bassa la stima di noi stessi, più i nostri obiettivi sono limitati e addirittura più difficile diventa raggiungerli.
 
Entrambe queste posizioni tendono a rafforzarsi e a perpetuarsi: più ci stimiamo più sentiamo il bisogno di esprimere la nostra ricchezza interiore e di confrontarci con gli altri quando invece ci sottovalutiamo diventa più difficile portare avanti le proprie idee, esprimere i propri sentimenti e in ultima analisi entrare in relazione con gli altri.
Ma attenzione, come già sottolineato, la stima che abbiamo di noi, non dipende dal giudizio o dall'approvazione degli altri.
Infatti anche aspetti importanti che possono farci sentire meglio nei confronti di noi stessi, o metterci al riparo da un possibile giudizio negativo esterno, o ancora farci sentire maggiormente a nostro agio in situazioni particolari - ad esempio un buona cultura, il matrimonio, la maternità o la paternità, le ricchezze materiali, l'impegno filantropico, le conquiste sessuali, i lifting o altro ancora - non sono aspetti costitutivi della stima di sé.
 
Questi aspetti possono influenzare "la stima di sé" ma non la determinano.
In effetti, la stima di sé è un qualcosa che tocca gli aspetti più profondi e intimi della nostra persona essendo connessa sia al percepirsi come individui competenti - quindi capaci di affrontare la vita, di imparare, scegliere e prendere decisioni adeguate - sia al percepirsi come persone degne di essere amate.
Sempre Branden ritiene che gli elementi su cui si fonda una sana autostima consistano nel vivere in modo consapevole, nel sapersi accettare, nell'assumersi le proprie responsabilità, nel farsi valere, nell'avere uno scopo nella vita e l'essere coerenti (integrità personale).
Questi aspetti consentono di sentirsi sufficientemente capaci di avere uno scopo nella vita, una meta da raggiungere attraverso azioni coerenti che siano espressione di ciò che siamo e dei valori che ci appartengono.
E i fatti, associati all'accettazione incondizionata di noi stessi, non fanno altro che ripercuotersi sul nostro senso di efficacia, sulla percezione di essere competenti e quindi in ultima analisi sulla stima che abbiamo di noi stessi.
L'amore di sé: è ciò che ci consente di apprezzarci nonostante i nostri limiti e difetti.
Questo amore "incondizionato" per noi stessi non dipende dalle nostre prestazioni, anche se ci consente di far fronte alle avversità e di riprenderci dopo aver mancato un obiettivo che ci eravamo prefissati.
In caso di difficoltà non impedisce né la sofferenza né il dubbio, ma protegge dalla disperazione.

L'amore di sé dipende in buona parte dall'amore che la nostra famiglia ci ha fatto percepire quando eravamo bambini e dal "nutrimento affettivo" che abbiamo ricevuto.
Amare se stessi è il fondamento della stima di sé, la sua componente più profonda e più intima.
Da questo punto di vista, la prima storia d'amore che dobbiamo vivere con successo è quella con noi stessi.
Soltanto allora saremo pronti per una relazione, capaci di amare pienamente e accettare che un'altra persona ci ami.
Nei soggetti con anoressia nervosa i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo.
La perdita di peso viene considerata come una straordinaria conquista ed un segno di ferrea autodisciplina, mentre l'incremento ponderale viene esperito come una inaccettabile.
Anche nei soggeti affetti da Binge eating disorder ossia disturbo da alimentazione incontrollata l’autostima è molto bassa a causa soprattutto dell’incapacità di controllare il proprio comportamento alimentare non disgiunto dall’aumento ponderale che ne consegue.
Nell’anoressia la percezione ed il valore attribuiti all'aspetto fisico ed al peso corporeo risultano distorti: ad esempio alcuni soggetti anoressici si sentono grassi in riferimento alla totalità del loro corpo, altri pur ammettendo la propria magrezza, percepiscono come "troppo grasse" alcune parti del corpo, in genere l'addome, i glutei, le cosce.
Sebbene alcuni possano rendersi conto della propria magrezza, tipicamente i soggetti con questo disturbo negano le gravi conseguenze sul piano della salute fisica del loro stato di emaciazione.
Possono adottare le tecniche più disparate per valutare dimensioni e peso corporei, come pesarsi di continuo, misurarsi ossessivamente con il metro, o controllare allo specchio le parti percepite come "grasse".
Questo può sfociare in un altro disturbo psicopatologico definito DISMORFOFOBIA caratterizzato da:
 
A.
Preoccupazione per un supposto difetto nell'aspetto fisico.
Se è presente una piccola anomalia, l'importanza che la persona le dà è di gran lunga eccessiva.
 
B.
La preoccupazione causa disagio
Le lamentele riguardano difetti fisici lievi o immaginari come capelli più o meno folti, acne, eccessiva peluria.
Altre riguardano la forma, le misure.
Tuttavia ogni parte del corpo può diventare motivo di preoccupazione e può riguardare diverse parti del corpo.
La maggior parte dei soggetti prova grave disagio per la supposta deformità, e trova la preoccupazione difficile da controllare.
Essi passano molte ore del giorno a pensare al loro difetto; si verifica menomazione in molte aree del funzionamento mentale.
A questo disturbo si possono associare frequenti controlli del difetto attraverso lo specchio o comportamenti esagerati di pulizia.
Per quanto tali rituali abbiano lo scopo di far diminuire l'ansia, in realtà finiscono per far aumentare la preoccupazione.
I soggetti con tale disturbo spesso pensano che gli altri possono particolarmente notare il loro supposto difetto e riderne, oppure possono preoccuparsi che la loro parte del corpo possa venire danneggiata.
L'evitamento delle attività usuali può portare ad un isolamento sociale estremo, tanto da uscire di casa solo di notte o ridurre drasticamente i contatti sociali.
Sembra che alla base vi sia la presenza di un senso di Sè vacillante non sufficientemente differenziato e con basso livello di autostima.
 
Pertanto, pur essendo i disturbi del comportamento alimentare una patologia complessa e multisfaccettata, occorre indagare e supportare adeguatamente la stima di Sè e il valore che l'individuo si attribuisce, sia per quanto rigurda l'eziopatogenesi che per quanto riguarda soprattutto il trattamento terapeutico dei sintomi.


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