Deficit di memoria

Autore: Pietro Mignano

Deficit di memoria La valutazione neuropsicologica della memoria deriva dall'evidenza scientifica che esistono diversi tipi di memoria. Dati sperimentali dimostrano molteplici difficoltà nei compiti di memoria-apprendimento, derivanti da specifiche lesioni cerebrali. Ciò che ha permesso di capire la distinzione fra i diversi sistemi di memoria è il fatto che certe lesioni riducono l’efficienza in certi compiti ma non in altri.

Da questi studi si evince, quindi, che l’amnesia non determina una perdita totale delle capacità di memoria e che gli amnesici sono in grado di apprendere e ricordare alcune cose meglio di altre (Korsakoff e Cleparède, 1911). L’amnesia è, infatti, il risultato della dissociazione fra diversi tipi di apprendimento e di memoria.

Nel processo diagnostico, bisogna quindi basarsi sull’osservazione delle singole dissociazioni, la cui interpretazione è spesso condizionata da diversi artefatti (Kinsbourn, 1987); è comprensibile, quindi, anche l’eterogeneità delle prove di memoria che risultano essere diverse fra loro in quanto dipendenti da diversi sistemi di memoria.

Un esempio può essere offerto dalla grossa quantità di conoscenze semantiche, sia strettamente linguistiche che generali, che sono conservate negli amnesici con deficit di memoria episodica. In questi casi si ha una dissociazione fra la deficitaria rievocazione cosciente d’episodi passati ed il ricordo preservato di fatti e conoscenze semantiche generali (come è documentato in letteratura da Glisky, Schacter, Tulving, 1986b). Può avvenire anche il contrario, e quindi ci può essere solo un deficit della memoria semantica accompagnato da un buon mantenimento della memoria episodica. Un esempio di tali dissociazioni è offerto da Warrington e McCarty (1988), che hanno dimostrato come la prestazione del loro paziente amnesico R.F.R. in prove di memoria semantica variasse sistematicamente in funzione del tipo di prova utilizzata.

In conclusione, la sindrome amnesica non rappresenta un quadro patologico unico, bensì una condizione che riconosce quadri neuropatologici molto diversi fra loro, per eziologia e per locus della lesione (Dalla Barba, 1991); in più, essa varia sul piano funzionale in rapporto all’associazione o meno con altri disturbi della sfera cognitiva. Pertanto, nel momento in cui si riscontra una dissociazione fra memoria episodica e memoria semantica, tale distinzione trova la sua conferma neuropsicologica secondo il modello gerarchico proposto da Tulving (1984), che distingue due grandi categorie di sindromi amnesiche:
- Quelle che comprendono un danno della memoria episodica senza un danno della memoria semantica e della memoria procedurale;
- Quelle che comprendono un danno della memoria episodica e della memoria semantica senza un danno della memoria procedurale.

È possibile anche riscontrare una dissociazione non solo fra diversi tipi di memoria, ma anche all’interno dello stesso tipo di memoria in relazione ai vari tipi di materiale che rientrano nello stesso magazzino mnestico.
  • Può essere questo il caso di una dissociazione a livello di memoria episodica, come quando si riscontra, per esempio, un buon ricordo del proprio materiale autobiografico, in assenza di ricordo riguardo gli eventi pubblici.
  • Allo stesso modo si può presentare una dissociazione all’interno della memoria semantica quando si ha, per esempio, un buon riconoscimento della funzione di certi oggetti accompagnato da un’anomia dovuta ad un mancato recupero dei termini esatti con cui s’indicano gli stessi oggetti.
  • Nella stessa misura, vi può essere una dissociazione nel caso in cui si richiedono il riconoscimento e la denominazione degli oggetti dopo che questi sono stati percepiti dal soggetto. La dissociazione, questa volta, avviene secondo le diverse modalità sensoriali (visiva, tattile, uditiva…).
  • Ancora si può riscontrare dissociazione semantica quando è presente un’amnesia molto selettiva solo per una certa tipologia di materiale appreso nel corso della propria carriera scolastica-lavorativa; oppure, ci può essere amnesia solo per un particolare linguaggio o particolare lingua che si conosceva prima del verificarsi del deficit.

QUANTIFICAZIONE TESTISTICA
È possibile individuare le dissociazioni fra i diversi tipi di memoria retrograda a lungo termine attraverso appositi test, ciascuno dei quali misura una sola componente del sistema di memoria, consentendo quindi di stabilire quale specifico disturbo un soggetto può presentare e la sua entità. Questi test contribuiscono a misurare l’amnesia retrograda tramite compiti di rievocazione o di riconoscimento d’informazioni che si suppone siano comunemente trattenute in memoria dalle persone. In tal modo si usufruisce di uno strumento sufficientemente standardizzato. Si distinguono, in particolare, test per la memoria episodica, per la memoria semantica e per la memoria procedurale.
 
TEST PER LA MEMORIA EPISODICA
Test che valuta il ricordo degli eventi pubblici ideato da Warrington e Silberstein (1970). È indagata la memoria di eventi accaduti nell’arco degli ultimi 40 anni.
Test di riconoscimento di volti di personaggi famosi (es. Totò, madre Teresa di Calcutta…) in seguito alla presentazione di una loro foto. È richiesta la conoscenza di personaggi divenuti famosi negli ultimi 60 anni. Questo test è stato ideato da Mondini e da Semenza (1979-1982). C’è poi una batteria di test di memoria retrograda (RMB 1988) in cui è richiesto di identificare le foto di 15 persone famose (degli ultimi 40 anni) e di rispondere a domande su eventi famosi accaduti nelle stesse decadi (cfr. Beatty, Goodkin, Moson, 1988).
Il test per la memoria autobiografica (AMI) è costituito da due sezioni: in una è misurata la memoria di eventi autobiografici e nell’altra è misurata la memoria semantica personale. Entrambe le sezioni contengono domande riguardo a tre periodi della vita di un individuo: infanzia (es. asilo, elementari), prima età adulta (es. primo lavoro, matrimonio, …) ed eventi recenti. Questo test è stato ideato da Kopelman, Wilson e Baddeley, 1989.
 
TEST per la MEMORIA PROCEDURALE
Questi test indagano la capacità dell’esaminato di eseguire le diverse operazioni che costituiscono una procedura necessaria a raggiungere un obiettivo (es. insieme d’operazioni per fare la pasta…). Può essere chiesto, quindi, di mettere nella giusta sequenza i diversi passaggi operativi da compiere (cfr. Basso A., 1985).
 
TEST per la MEMORIA SEMANTICA
Sono test che consentono di valutare i diversi tipi di conoscenza semantica. Ne esistono varie tipologie:
  • Test in cui il soggetto deve riconoscere e denominare figure di oggetti od animali;
  • Test in cui l’esaminato deve dire qual è la funzione di oggetti di uso comune;
  • Test in cui l’esaminato deve dire quali sono le caratteristiche che definiscono un oggetto o test in cui il soggetto deve individuare un oggetto dopo che ne è stata data la definizione o ne è stata esplicata la funzione;
Dal momento che ci possono essere deficit molto selettivi della memoria semantica, è possibile che si debbano costruire dei test specifici (ad hoc) che indaghino solo il ristretto ambito di conoscenza in cui un soggetto presenta l’amnesia selettiva.
 
SEDI ANATOMICHE
Grazie all’utilizzo degli esami strumentali e attraverso lo studio delle lesioni cerebrali (Wiggs, Weisberg e Marin, 1998), è possibile individuare le aree cerebrali associate a specifici tipi di memoria. In particolare, ciò è possibile grazie all’utilizzo della tomografia ad emissione di positroni (PET) e della risonanza magnetica funzionale (fMRI) su soggetti normali. I dati di bio-imaging quindi suggeriscono che la memoria semantica e quella episodica dipendono da strutture corticali separate, anche se parzialmente sovrapposte. Ancora più nel dettaglio, per ciascun tipo di memoria si possono trovare correlazioni con varie sedi cerebrali coinvolte nei diversi momenti dell’attività mnestica (l’immagazzinamento delle informazioni ed il recupero delle stesse). Questi dati stanno alla base del modello di assimetrtia emisferica di codifica/recupero (HERA) di Tulving (1996).

In particolare, la memoria semantica richiede l’attivazione, in fase di immagazzinamento, delle regioni temporali sinistre, mentre nella fase di richiamo delle informazioni apprese, è implicata la corteccia frontale sinistra. Questi dati suggeriscono che l’accesso alla conoscenza semantica richiede l’orchestrazione di una rete distribuita di diverse aree corticali. Quindi soggetti che stanno svolgendo attività di recupero di informazioni semantiche, mostrano un incremento di flusso ematico (rCBF) e, quindi, un’attivazione nella corteccia frontale inferiore–dorsolaterale e nella corteccia temporale sinistra. Pertanto lesioni in queste sedi determinano dei deficit nella conoscenza semantica con una relativamente conservata memoria episodica (Wiggs C.L., Weisberg J., Martin A., 1998).

Al contrario, la memoria episodica risulta essere deficitaria in seguito a danni alle strutture temporali mediali, quali l’ippocampo, il giro paraippocampale, la corteccia perinatale e la corteccia entorinale, o a danni al diencefalo, specie ai nuclei dorsomediali del talamo ed ai corpi mammillari. La sindrome amnesica che ne consegue è caratterizzata da amnesia anterograda e retrograda con, però, una conservata conoscenza semantica generale. Inoltre la memoria episodica ha sede anche nella neocorteccia, vicino o nelle stesse regioni implicate nei processi percettivi delle informazioni. Può essere danneggiata anche da lesioni alla corteccia frontale destra e sinistra, come risulta dalle neuroimmagini. Anche per la memoria episodica sono attivate diverse sedi nelle fasi di recupero e d’immagazzinamento delle informazioni: nella prima c’è maggior attivazione delle regioni frontali destre, mentre nella seconda c’è maggiore attivazione del lobo frontale sinistro.
 
Bibliografia
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