Classificazione della memoria

Autore: Pietro Mignano

Classificazione della memoria LA MEMORIA
La memoria umana non è un’attività unitaria. Non è lecito, quindi, fare generalizzazioni; è più opportuno, invece, fare riferimento a particolari tipi di memoria che sono il risultato del processo evolutivo (Tulving, 1984a). La memoria è costituita, infatti, da sistemi interconnessi e da strutture organizzate che fanno riferimento a diversi correlati neurali, cognitivi e comportamentali (Claparede, 1911).
Alcune strutture, poi, sono proprie di tutti i sistemi, altre lo sono solo di qualcuno e altre ancora di uno solo. In questo modo differenti situazioni d’apprendimento e memoria sviluppano diverse concatenazioni di componenti che derivano da uno o più sistemi. Anche se non esiste una relazione uno a uno fra sistema e compito svolto (Kinsbourne, 1976), essi sono comunque sistematicamente correlati; quindi il coinvolgimento di un sistema mnemonico influisce su tutti gli apprendimenti e su tutte le operazioni mnemoniche che dipendono da esso. Infine, differenti sistemi si sono costituiti in diversi stadi dell’evoluzione della specie, ed allo stesso modo si costituiscono in diverse fasi dello sviluppo del singolo individuo. Si possono quindi ordinare in una gerarchia che va dal più avanzato a quello che lo è meno (Schiller, 1952). Lo sviluppo di un nuovo sistema di memoria con capacità specializzate fa sì che l’organismo incrementi il numero e la complessità delle sue funzioni. Quindi la memoria è caratterizzata da un’organizzazione multisistemica; lo studio di casi clinici permette, infatti, di constatare come le diverse componenti possano in essa coesistere.
È pertanto possibile individuare diverse classificazioni.
 
CLASSIFICAZIONI DELLA MEMORIA
Una prima generica classificazione (cfr. Graf e Schacter, 1985, 1987; Schacter, 1987a, 1987b, 1989, 1990) individua due tipi di memoria relativamente al grado di consapevolezza del ricordo posseduto:
  • la memoria implicita si riferisce ad informazioni apprese nel contesto di uno specifico episodio ed utilizzate dal soggetto senza ricorrere alla rievocazione volontaria e cosciente dell’episodio stesso;
  • la memoria esplicita, al contrario, richiede la rievocazione cosciente e volontaria dell’episodio in cui una determinata informazione è stata appresa.
DISTINZIONE DICHIARATIVA-PROCEDURALE
Una seconda interpretazione degli aspetti legati alla consapevolezza mnemonica (Cohen e Squire 1980, Cohen, 1981; Squire, 1982, 1986, 1987) porta all’individuazione di una memoria dichiarativa e di una memoria procedurale, differenziate per diversi elementi: i meccanismi tramite cui sono acquisite le informazioni, le tipologie di rappresentazione tipiche di ciascuna di esse e non sostituibili fra loro, i processi di recupero, l’organizzazione biologica e neurale, la tipologia di informazioni memorizzate ed il modo in cui queste sono utilizzate.
 
MEMORIA DICHIARATIVA
La memoria dichiarativa o memoria proposizionale (Squire e Cohen, 1984; Cohen, 1984; Squire, 1982) è esplicita, tratta di fatti e dati che sono acquisiti attraverso l’apprendimento e, come tale, è direttamente accessibile alla rievocazione cosciente.
Può essere dichiarata, e dunque espressa verbalmente, o può manifestarsi in modo non verbale, per esempio con un’immagine.
Comprende, inoltre, sia la memoria episodica (eventi specificati nello spazio e nel tempo) che la memoria semantica (fatti ed informazioni appresi in contesti specifici) e, tendenzialmente, non è risparmiata nelle amnesie. Si manifesta attraverso attività cognitive, è veloce, è rinforzabile in seguito ad un allenamento (esercizio) d’apprendimento e permette l’immagazzinamento d’informazione come singoli eventi che sono accaduti in un particolare tempo e luogo. Questo tipo di rappresentazione permette anche la costituzione di un senso di familiarità per quanto riguarda gli eventi accaduti; inoltre, è accessibile a sistemi di processamento dell’informazione diversi da quelli in cui avviene l’apprendimento: è cioè “modality-general”, ovvero non dipende dal contesto in cui si è appresa l’informazione (Cohen e Squire, 1980). Infine, la memoria dichiarativa può essere sia a breve che a lungo termine, è localizzabile nel lobo temporale mediale e nelle strutture neurali ad esso associate.
 
MEMORIA PROCEDURALE
La memoria procedurale al contrario, non è caratterizzata in termini di fatti specifici, dati od eventi connotati spazio-temporalmente. Essa, è la memoria cosiddetta implicita, contenuta all’interno d’abilità apprese o di operazioni cognitive modificabili, ed è possibile verificarne l’efficacia ricorrendo a metodiche specifiche, quali il priming, il condizionamento classico semplice e, in generale, attraverso tutti i casi in cui è possibile verificare l’apprendimento di una procedura. È risparmiata dall’amnesia, che non compromette le abilità percettive-motorie e le abilità cognitive (Squire, 1987, p.152); questo perché le informazioni acquisite e che costituiscono queste abilità sono immagazzinate in procedure e si manifestano solo come cambiamenti nelle modalità in cui un’operazione cognitiva preesistente viene compiuta.
Questo tipo di memoria si esprime attraverso l’attivazione di particolari strutture di processamento attivate dai compiti di apprendimento e, quindi, è acquisita e trattenuta grazie ad esse ed alla loro plasticità, che determina l’efficienza del sistema (Schacter, 1985). Attraverso la loro temporanea attivazione, tali strutture costituiscono le basi per l’effetto priming e per il suo mantenimento a lungo termine, il quale, in questo modo, determina l’acquisizione delle abilità in questione (Crowder, 1985). Al contrario della memoria dichiarativa, quella procedurale è lenta, segue gli automatismi appresi e non è sempre attivabile in sistemi di processamento dell’informazione diversi da quelli in cui è avvenuto l’apprendimento delle varie abilità, non è cioè “modality-general” (Schacter, 1985).
La memoria procedurale non è localizzabile in una specifica area cerebrale e, quindi, non dipende direttamente dall’integrità di qualche struttura in cui si suppone risiedano le tracce dell’esperienza. Pertanto si può definire questa tipologia di memoria come un insieme (collezione) di diverse abilità, ognuna delle quali è dipendente dal proprio sistema processuale.
Include, in particolare, l’apprendimento d’abilità motorie e di abilità cognitive, l’apprendimento percettivo, il condizionamento classico, e si manifesta in particolari forme di plasticità comportamentale come l’abituazione, il priming, la sensibilizzazione o l’effetto post–percettivo.  Per questi motivi non ci si dovrebbe aspettare che un singola lesione possa colpire la memoria procedurale allo stesso modo in cui una lesione, per esempio all’ippocampo, può danneggiare la memoria dichiarativa. L’unico sistema cerebrale che può essere coinvolto in molti tipi d’acquisizione d’abilità è il sistema motorio extra-piramidale (Mishkin, Malamut e Bechevalier, 1984).
I sistemi neurali che rappresentano le informazioni dichiarative e procedurali possono essere in molti casi separati (es. corteccia e cervelletto), ma in altri possono sovrapporsi e occupare la stessa generale sede (es. all’interno della neocorteccia). I due tipi di memoria dipendono da diversi cambiamenti nelle connessioni sinaptiche e da diversi complessi di neuroni, risultando così localizzabili in regioni sufficientemente lontane nel cervello (Zola et al. 1982). E’ quindi possibile osservare doppie dissociazioni fra due tipi di memoria in seguito ad una lesione. Per esempio una lesione potrebbe generare deficit solo nella memoria dichiarativa ed un’altra solo nella memoria procedurale.
La divisione della memoria in dichiarativa e procedurale è una distinzione diversa da quella fra memoria a breve termine (MBT) e memoria a lungo termine (MLT). Infatti, la distinzione dichiarativa-procedurale riguarda il tipo di informazioni che vengono ricordate, mentre la distinzione breve-lungo termine riguarda la capacità ed il tempo di mantenimento del materiale memorizzato. Di fatto, la distinzione breve–lungo termine si può applicare unicamente alla memoria dichiarativa.
Da ciò deriva che, relativamente alla memoria procedurale, non esistono i concetti di capacità (capienza), recupero e distrazione, contrariamente alla memoria dichiarativa.
 
DISTINZIONE EPISODICA–SEMANTICA
Un terzo modo di considerare la memoria, come già accennato sopra, consiste nel distinguerne gli aspetti semantici ed episodici. Questa dicotomia è stata proposta da Tulving (1972), il quale ha descritto queste due tipologie come due sistemi di trattamento dell’informazione, paralleli e parzialmente sovrapposti. Ciononostante, entrambi sono due sottocomponenti della memoria dichiarativa (Squire, 1987).
 
MEMORIA EPISODICA
La memoria episodica “è un sistema che riceve ed immagazzina informazioni riguardo episodi datati temporalmente così come le loro relazioni spazio-temporali” (Tulving, 1972, p.386). Il termine “episodico” si riferisce al ricordo cosciente del passato personale di colui che ricorda: “la consapevolezza cosciente, anche se solo nella forma di una vaga sensazione, della fonte episodica dell’informazione rievocata è l’impronta della memoria episodica” (Tulving, 1984, p.262). È la consapevolezza cosciente che connota il ricordo episodico e lo assimila ad un atto, quello di ricordare, che è del tutto diverso dalla conoscenza che s’identifica col sapere.
 
MEMORIA SEMANTICA
La memoria semantica, invece, “è la memoria necessaria per l’uso del linguaggio. È un dizionario mentale. È la conoscenza organizzata che una persona possiede di parole ed altri simboli verbali, del loro significato, dei loro rapporti, così come di formule, regole, algoritmi per la manipolazione di simboli, concetti e relazioni; è responsabile della rappresentazione delle conoscenze enciclopediche delle parole, del loro significato e dei concetti” (Tulving, 1972, p.386; Quillian, 1968).
È caratterizzata dalla mancanza dell’informazione temporale (relativa a quando è avvenuto l’apprendimento) e dell’informazione autobiografica. Quindi, in caso di patologie della memoria semantica, non risulta essere danneggiato il ricordo specifico dell’episodio durante il quale sono state acquisite le diverse nozioni e delle sue caratteristiche spazio–temporali. È compromessa, invece, la conoscenza concettuale generale, caratterizzata da diversi tipi d’informazioni.
La conoscenza semantica è accessibile da diverse modalità di input, che possono essere disegni, parole scritte o udite, suoni, sensazioni tattili o odori; può essere anche possibile un diverso grado di facilità di ricordo o memorizzazione delle informazioni secondo le diverse modalità sensoriali in cui queste sono presentate. La conoscenza semantica si riferisce a categorie concettuali semantiche specifiche (categoria è una classe di elementi omogenei che presentano gli stessi attributi). Ciò è dimostrato anche dall’esistenza di un’organizzazione categoriale delle conoscenze immagazzinate nel cervello, com’è stato dedotto in seguito a studi neuropsicologici (Ruminati e Humphreys, 1997; Sartori e Job, 1984; Sacchet e Humphreys, 1992; Warington e McCarty, 1983, 1987, 1994; Sartori e Job, 1988). Ogni categoria è determinata da particolari caratteristiche semantiche, proprie di tutti i membri che la costituiscono; esse si dividono in percettive (es. il cane è peloso, abbaia…), funzionali (es. il cane è usato per la caccia) ed associative (es. il cane è il migliore amico dell’uomo); sono caratterizzate, inoltre, dalla rilevanza, che indica la misura in cui contribuiscono a determinare il significato del concetto o dell’oggetto (Warrington e Shallice, 1984).
Un concetto è caratterizzato da una particolare rilevanza, che è il risultato della somma delle singole rilevanze d’ogni sua caratteristica semantica. Una categoria è caratterizzata da un livello di somiglianza fra i membri in essa contenuti, così che questi possono facilmente essere confusi fra loro.
Da questi elementi (rilevanza e somiglianza) dipende l’accuratezza del recupero di una nozione della memoria semantica. C’è una bassa accuratezza quando un concetto ha un basso livello di rilevanza e/o quando presenta molte somiglianze semantiche con altri concetti.
Le categorie semantiche differiscono nei livelli di rilevanza e di somiglianza presenti fra i loro componenti; sono proprio i diversi livelli di rilevanza e di somiglianza intracategoriale che determinano le dissociazioni, cioè la presenza di deficit nel recupero dal magazzino mnestico di elementi appartenenti ad una categoria in assenza di deficit relativo al riconoscimento di elementi appartenenti ad un’altra categoria. Si spiegano così i deficit categoriali specifici, che sono caratteristici solo di una precisa categoria di concetti.
In conclusione, quanto sopra si può riassumere in quattro punti:
  • Esiste un sistema di conoscenza che è organizzato in categorie; per esempio, ci sono sistemi separati per gli oggetti animati (cose viventi) e per gli oggetti inanimati (cose non viventi);
  • Tutte le diverse tipologie di conoscenze che si possiedono sugli oggetti sono immagazzinate insieme nel sistema semantico;
  • Si può accedere alle rappresentazioni del sistema semantico partendo da diverse modalità d’input; queste possono, per esempio, essere il linguaggio parlato o scritto, i disegni, ecc.;
  • Le rappresentazioni semantiche si esplicitano in ogni modalità di espressione delle nozioni memorizzate; possono essere, per esempio, la denominazione scritta od orale degli oggetti.
  • In tal modo, l’informazione è organizzata nel sistema semantico, la cui relazione con l’esperienza passata è mediata da processi di concettualizzazione e categorizzazione.
     
    MEMORIA AUTOBIOGRAFICA
    Con tale temine ci si riferisce alla conoscenza che tutti possiedono sulla propria autobiografia; include, quindi, i singoli eventi od avvenimenti che sono avvenuti nel corso della propria vita (Tulving, Schacter, McLachlan e Moscovitch, 1988). Anche in riferimento a questa tipologia di memoria è possibile applicare la distinzione episodico–semantico (Crovitz e Shiffman, 1974; Robins, 1976; Rubin, 1986). In generale, infatti, la conoscenza autobiografica di una persona si può basare su informazioni episodiche o semantiche o su entrambe (Zola e Morgan, 1983). La memoria autobiografica è essenzialmente episodica. Infatti, trattiene i ricordi di avvenimenti ed esperienze personali che sono datate e che sono avvenute in uno spazio e in un tempo soggettivi. Ciononostante è possibile parlare di se stessi e ricordare il proprio passato, non solo in base al ricordo cosciente di certi episodi, ma anche in riferimento alla propria memoria semantica personale, che è alla base della conoscenza dei fatti accaduti (O’Connor, 1983; Cermak, 1984). Ciò che può sembrare memoria episodica, infatti, può essere solo una deduzione o un’inferenza eseguite a partire dalla conoscenza semantica autobiografica. Anche per questo tipo di memoria si può verificare un’amnesia autobiografica, che si presenta come incapacità di ricordare eventi accaduti prima dell’evento morboso che ha generato l’amnesia. Essa si manifesta, spesso, secondo un gradiente temporale (Cermak, 1986; Butters e Cermark, 1986; Parkin, 1986), in seguito a lesioni frontali sinistre, che danneggiano la memoria per le informazioni spaziali e temporali relative agli eventi (Milner, 1974; Milner, Petrides e Smith, 1985; Mescovitch, 1982; Petrides e Milner, 1982; Schacter, 1987; Smith e Milner, 1983).
    Occorre, inoltre, esaminando questa tipologia di memoria, fare distinzione fra ciò che è un reale ricordo e ciò che può essere invece un riapprendimento degli eventi della propria vita passata in seguito a quanto viene raccontato dagli altri (Goldberg e Bilder, 1987).
     
    DUE IPOTESI SUI SISTEMI DI MEMORIA
    Queste diverse distinzioni che esistono nell’ambito della memoria non risultano essere disgiunte fra loro, bensì intersecate e correlate. È, infatti, possibile individuare due opposte ipotesi sull’organizzazione dei sistemi di memoria:
  • L’IPOTESI PARALLELA, ideata da Squire e Cohen (1986, 1987), propone che la memoria procedurale e la memoria dichiarativa siano due sistemi paralleli e che quest’ultima si suddivida ulteriormente in due sub-sistemi, anch’essi paralleli, quello episodico e quello semantico. Quest’ipotesi consente di osservare doppie dissociazioni, di osservare cioè disturbi selettivi di ciascuno dei sistemi di memoria.
  • L’IPOTESI GERARCHICA (Tulving, 1987) prevede invece che la memoria episodica rappresenti, sia filogeneticamente che ontogeneticamente, lo stadio più avanzato dell’evoluzione; essa si svilupperebbe a partire dalla memoria semantica, continuando però a farne parte; non sarebbe quindi un suo sistema parallelo, ma piuttosto ne costituirebbe un suo subsistema; inoltre il fatto che la memoria episodica rappresenti lo stadio finale dello sviluppo della memoria umana permette di comprendere la sua vulnerabilità in caso di patologia cerebrale: è, infatti, il sistema che presenta più facilmente deficit (Dalla Barba, 1991).
  • La memoria semantica, a sua volta, sarebbe una sottocategoria specializzata della memoria procedurale (figura 2). Quest’ipotesi prevede l’impossibilità di osservare doppie dissociazioni tra i diversi sistemi di memoria: la memoria episodica, essendo un subsistema della memoria semantica, non può funzionare indipendentemente da quest’ultima, poiché la condizione necessaria per un suo normale funzionamento è l’integrità del sistema semantico. Il funzionamento di quest’ultimo è a sua volta condizionato dall’integrità del sistema procedurale.
    Comunque, i tre sistemi di memoria (procedurale, semantica ed episodica) interagiscono in modo variabile e continuo nei diversi ruoli e nessun sistema opera senza il contributo degli altri (Johnson 1983).
     
    Biografia
    • Cermak L.S. [1984]. “The episodic/semantic distinction in amnesia”. The neuropsychology of memory, New York: Guilford Press.
    • Dunn J.C., Kirsner K. [2003]. “What can we infer from Double Dissociations?”. Cortex. 39(1), pp. 1-7.
    • Humphreys G.W., Forde E.M.E. [2001]. “Hierachies, similarity, and interactivity in object recognition: Category-specific neuropshycologial deficits”. Behaviour Brain Science, 24, pp.453-509.
    • Lezak  M.D. [2000]. “Valutazione Neuropsicologica”, volume 1, teoria e pratica. Edra.
    • Sartori G., Job R., Zago S. “Domain-Specific Semantic Memory”


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