Angoscia e Ansia: due sinonimi?

Autore: Maria Rita D'Onofrio

Angoscia e Ansia: due sinonimi? Avverto il filo di una ragnatela… (Gaber-Luporini, da “Far finta di essere sani”, 1974)

ANGOSCIA: dal latino ANGUSTIA, da ANGERE stringere, soffocare, che tiene alla stessa radice del ted. ANGST che vale lo stesso. – Sensazione dolorosa di stringimento all’epigastrio, accompagnata da gran difficoltà di respiro e da profonda tristezza; Affanno, Molestia, Dolore che quasi preme il cuore. (Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani – versione Online www.etimo.it).

ANSIA: femminile di ANXIUS affannosoinquieto e questo da latino ANGO – passato ANXI – stringeresoffocare e fig. affannareangosciare: propr. senso di soffocazione (v. Angere e cfr. Angina e Angoscia)- Irrequieta brama accompagnata da sospiro o respiro affannoso. (Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani – versione Online www.etimo.it).

Le etimologie delle due parole ansia e angoscia rimandano a concetti simili, tanto che spesso i due termini vengono usati come sinonimi. Tuttavia contengono evidenti e profonde differenze.

L’ANSIA
è un termine generico che fa riferimento ad uno stato di iperattivazione del Sistema Nervoso Simpatico (iperarousal) analogo a quello prodotto da una emozione primaria – la paura – che garantisce la sopravvivenza perché scatena una serie di reazioni fisiche (aumento della quantità di sangue che viene pompata dal cuore, della pressione sanguigna, dell’ampiezza dei bronchi) che predispongono il corpo all’attacco e alla fuga in situazioni di minaccia reale (una pistola puntata alla tempia, un animale feroce, un terremoto…).  

La paura ci accomuna al mondo animale, perché anche gli animali la provano.

L’ansia, se da una parte condivide con la paura le manifestazioni fisiche, dall’altra se ne differenzia perché la minaccia non è più così reale e oggettiva, ma è una minaccia percepita e, in quanto tale, mediata dal pensiero, ovvero dal significato che attribuiamo ad una data circostanza, o animale, o oggetto, tale per cui ne ricaviamo appunto un’idea di pericolo

Ad esempio, non tutti temono i luoghi affollati, o l’uso dell’ascensore, o il giudizio degli altri. Quando una persona attribuisce a queste cose un valore di pericolo prova ansia.

Si tratta di una manifestazione propriamente umana: gli animali non provano ansia.

L’ansia può essere adattiva. Quante volte ci capita di tirare fuori risorse che non sospettavamo di avere, in situazioni per noi ansiogene? A chi non è mai capitato di sorprendersi per aver sostenuto in maniera tanto brillante il dato esame universitario, a dispetto delle aspettative, perché si è sentito attivato positivamente dall’ansia che provava? 

Ma l’ansia può essere disfunzionale. Lo è quando è pervasiva, quando provoca uno stato di allarme costante, che interferisce con la vita di ogni giorno rendendo difficile ogni cosa e inquinando le relazioni con gli altri. 
Questo stato è caratterizzato da irrequietezzaagitazionedisturbi del sonno, pensieri di forte preoccupazione, oltre che dalle sensazioni fisiche tipiche della paura. 

La minaccia non corrisponde, come dicevamo, a un dato di realtà ma è rappresentata da qualcosa di neutro che viene percepito come minaccioso. Se da una parte c’è una certa indefinitezza, tuttavia in genere la persona ha una sua teoria su quella minaccia (qualche esempio: “se esco di casa posso sentirmi male e non trovare aiuto”; “se andrò a quella festa tutti mi guarderanno e mi giudicheranno”; “se prendo l’ascensore posso restare intrappolato”). Una teoria disfunzionale – perché pervasa da un senso di catastrofismo, di insopportabilità dell’evento temuto – ma pur sempre una teoria.

L’ANGOSCIA
è anch’essa una forte preoccupazione per qualcosa di cui non si ha una chiara definizione. Ma in questo caso l’indefinitezza della minaccia è totale.

E in effetti le manifestazioni dell’angoscia sono molto diverse da quelle dell’ansia.

Non esiste l’angoscia “costruttiva”: l’angoscia non è mai di aiuto. Una persona angosciata tende a ripiegarsi su se stessa, sperimenta una perdita di energia che le toglie la voglia di fare, ha un umore depressosi ritira, e di fatto non sa riferire cosa concretamente la preoccupi. Una persona può sentirsi angosciata, ad esempio,  per “il futuro”, per “la solitudine”: idee vaghe, concetti astratti. 

A volte le persone riferiscono che ad un certo punto, imprevedibilmente, è arrivata “una botta di angoscia”, e non sanno dire perché. A volte invece l’angoscia opprime dalla mattina alla sera, e anche di notte.

Più che preoccupazione, l’angoscia esprime la certezza di una negatività incombentepervasivasenza speranza. L’umore della persona angosciata è depresso. Alcune persone riferiscono di sentire come uno strappo quando sono costrette ad interagire con l’esterno, come se la cosa richiedesse uno sforzo enorme. 

Quando tentano di venire a capo della loro angoscia, di capire di cosa sia fatta, le persone si trovano come avvolte da una ragnatela: provano a risalire il flusso dei pensieri per capire, e finiscono per trovarsi a percorrere mentalmente strade che non portano a nulla ma complicano il percorso, proprio come i fili di una ragnatela.

L’angoscia e  l’ansia sono quindi due manifestazioni ben diverse, e il percorso psicoterapeutico per affrontarle è diverso. 

É bene chiedere aiuto ad un professionista, sapendo che – come sempre – presupposti imprescindibili per ottenere dei buoni risultati sono la partecipazione attiva della persona al lavoro che si svolge all’interno della relazione terapeutica, e una profonda e concreta motivazione al cambiamento.

Foto di Andreas Lischka da Pixabay 


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