La dismorfofobia

Autore: Laura Cenni

La dismorfofobia L'aspetto fisico rappresenta una delle possibili fonti di preoccupazione per molte persone ed il desiderio di risultare attraenti appare legittimo e viene costantemente rinforzato dalle convenzioni sociali. In particolare, la grande importanza attribuita all'immagine nella civiltà contemporanea contribuisce a giustificare ed amplificare queste preoccupazioni.
 
La dismorfofobia o dimorfismo corporeo, è un disturbo psicologico caratterizzato da una visione distorta del proprio aspetto esteriore indotta da un'eccessiva preoccupazione per la propria immagine corporea. Chi ne soffre, non riesce a vedersi con obiettività davanti ad uno specchio: l’immagine riflessa sarà sempre troppo grassa, il naso troppo storto, i capelli troppo radi, il seno troppo piccolo, ecc... Questa percezione alterata della propria immagine domina la vita della persona e le preoccupazioni spesso diventano incontrollabili fino a portare il soggetto a passare molte ore della giornata a rimuginare sul difetto fisico, che viene ingigantito talmente tanto da diventare un pensiero fisso. Questo pensiero finisce col diventare un'ossessione, e la persona cercherà di evitare in tutti i modi di mostrare quel difetto, anche a costo di compromettere la propria vita sociale.
 
Infatti, questo disagio mina la propria autostima, generando insicurezza e inducendo l'individuo ad isolarsi o a far sfociare l'angoscia in comportamenti fobico-ossessivi a cui potrebbero associarsi disturbi correlati come stress emotivo, anoressia e bulimia.
 
Dal punto di vista epidemiologico, nonostante non si abbiano informazioni sufficienti sulla diffusione della dismorfofobia si ritiene che essa riguardi un numero crescente di individui.
 
Si calcola che in Italia oltre 500.000 persone siano affette da dismorfofobia, solo una piccola parte riceverebbe una diagnosi corretta ed un numero ancora più limitato, meno del 10%, sarebbe sottoposto ad un trattamento adeguato.
 
La patologia risulta più frequente nel sesso femminile (rapporto femmine–maschi di 2:1), l'esordio avviene più spesso in età giovanile (generalmente fra i 10 ed i 20 anni), più raramente dopo i 40 anni d'età (meno dell'1% dei casi). Le conseguenze per la salute e per l'adattamento sociale dei soggetti affetti possono essere notevoli.
 
Ma cosa, e chi vediamo davvero quando ci guardiamo allo specchio?
 
L'immagine che vediamo riflessa in realtà non è semplicemente la nostra immagine, ma il rapporto che un individuo intrattiene con lo specchio è molto più complesso, ed implica un dialogo tra "come ci sentiamo e come ci vediamo". Col pennello della nostra emotività andiamo a dipingere ogni volta un ritratto diverso a seconda di ciò che viviamo in quel dato momento, specie se il nostro corpo è rappresentativo di un’antica sofferenza mai elaborata, di conflitti profondi ed emozioni inascoltate.   La ricerca della propria identità, passa anche attraverso l'osservazione della propria immagine corporea, ed è importante identificarsi in ciò che vediamo, potersi riconoscere e stabilire un rapporto tra " come siamo e come vorremmo essere".
 
Soprattutto durante il periodo dell’adolescenza, le trasformazioni puberali e l’emergere di una realtà pulsionale difficile da accettare rendono molto delicato il rapporto con lo specchio. Il ragazzo si fissa su inestetismi spesso immaginari, ma ciò nasconde in realtà un’angoscia di altro genere legata al riconoscimento di un corpo sessuato e ad esperienze emotive con cui non riesce a dialogare e che proietta sul corpo, rendendolo portavoce di una realtà interiore troppo complessa da accettare.
 
A tutte le età, comunque, chi soffre di questo disturbo è molto insicuro ed ha un basso livello di autostima, infatti spesso finisce con l'essere coinvolto chi non ha le difese necessarie per proteggersi dall’ideale di perfezione della nostra società in cui i modelli estetici che vengono presentati sulle pagine dei giornali o in tv sono sempre più irraggiungibili e magari ritoccati con la chirurgia estetica. Quella del dismofofobico è dunque una vita passata all’ inseguimento di un’immagine capricciosa che sfugge ad ogni tentativo di controllo, che non si lascia cristallizzare, che non si lascia plasmare. Una vita passata davanti allo specchio, ad indossare la propria immagine come fosse un abito su cui dover mettere toppe in continuazione, su cui dover sempre apporre modifiche e migliorie, alla ricerca di un Sé così difficile da trovare. Un’immagine persecutoria, che ci riporta sempre e comunque al nostro non essere mai abbastanza, e ci sfida ad avvicinarci il più possibile all’ io ideale, a controllare quell’immagine, a perdersi in quel riflesso, ad esercitare un potere su quel corpo.
 
Ma su cosa si cerca veramente di avere un controllo? Sull’immagine o su ciò che quell’immagine, quel corpo, comunica e contiene? E cosa si cerca davvero di cancellare? Presunti difetti estetici o antiche ferite di cui il corpo reca vivida la memoria?
 
Chi soffre di dismorfofobia spesso si percepisce come letteralmente mostruoso, e arriva talvolta a provare vera repulsione verso ciò che vede allo specchio, senza rendersi conto che odio e repulsione sono solo proiettati, “spostati” sull’immagine corporea. Quello che si detesta e verso cui si prova repulsione è altro, e attiene ai vissuti personali del soggetto: traumi, moti pulsionali, esperienze emotive, tutto stipato gelosamente all’interno del proprio “corpo-scrigno”. Solo scegliendo coraggiosamente di forzare questo scrigno, di sviscerarne il contenuto, anche quello più doloroso e inaccettabile, sarà possibile liberare il corpo, e l’immagine allo specchio perderà finalmente il suo carattere persecutorio.
 
Nella dismorfofobia sono inclusi i disturbi alimentari (anoressia, bulimia, binge, ecc.), poichè il sintomo riguarda il cibo e il corpo. I sintomi alimentari comunicano emozioni, dolore e sono la manifestazione di un disagio pregresso spesso incomprensibile anche per chi lo vive. I sintomi alimentari diventano, paradossalmente, una sorta di rifugio inconsapevole dalla realtà che ha fatto e fa male. Il corpo e il cibo come oggetti che ci si illude di poter controllare. Spesso si ritiene che l’unico problema di chi soffre di queste patologie sia proprio quello del corpo, ciò che trae in inganno è proprio il termine DIMAGRIRE. Sul corpo ogni persona materializza il dolore interiore e in questo modo cerca di “dimagrire”, come per eliminare proprio quel dolore che in quel momento non ha un nome. I pensieri riguardanti corpo, cibo e i relativi sensi di colpa, imprigionano mente e cuore di chi soffre di questi mali. andiamo ora ad analizzarli singolarmente.
 
L'anoressia è la "volontaria" rinuncia ad alimentarsi con conseguente drastica riduzione del peso corporeo.
 
Chi soffre di anoressia si sottopone a restrizioni alimentari durissime, spesso evita anche di bere liquidi, mira a raggiungere un corpo scheletrico, da cui scompaiono le insegne visibili della femminilità e del benessere. Ma in ultima analisi il concetto di rinuncia è esteso a tutte le sfere del piacere, che è vissuto con profonda vergogna e colpa. Il dimagrimento eccessivo provoca nelle donne anche amenorrea (interruzione del ciclo mestruale). L'anoressica ha una passione morbosa per le proprie ossa, che tocca continuamente in modo compulsivo, e vive con enorme senso di colpa i suoi desideri, alimentari e non. Per questo si punisce con lunghissime sedute di sport e si purifica con complicati rituali di pulizia. Per svuotare il corpo può far ricorso al vomito, a lassativi o farmaci anoressizzanti. Detesta essere guardata mentre mangia, ma spesso adora cucinare e nutrire gli altri. Può rischiare la morte per denutrizione o disidratazione. L'anoressia può lasciare danni medici rilevanti a causa del deperimento fisico a cui espone il corpo anche per molti anni.
 
La bulimia è spesso l'evoluzione naturale dell'anoressia e compare quando la restrizione anoressica diventa insostenibile. Chi soffre di bulimia si abbuffa e poi vomita, arrivando a mangiare anche decine di chili di cibo in un giorno e vomitando fino a 60 e più volte in una sola giornata. Per ripulirsi dagli eccessi alimentari spesso utilizza anche lassativi e si sottopone a lunghe sedute di ginnastica compulsiva. La persona bulimica si illude di colmare attraverso un eccesso di cibo il suo vuoto emotivo e utilizza l'abbuffata come un ansiolitico con cui anestetizzare le emozioni sia negative che positive. Può provare un immenso piacere mentre ingurgita cibo (di cui però non avverte nemmeno il sapore) ma soprattutto durante il vomito, che le regala una sensazione di profonda pulizia morale e corporea. Questa spinta emotiva genera una ciclicità inarrestabile. Sebbene la parola bulimia sia quasi sempre associata al cibo, si può parlare di bulimia anche quando cambia l'oggetto dell'abbuffata, ad esempio bulimia sessuale, ma anche shopping compulsivo o gioco d'azzardo.
 
Il binge, è molto simile alla bulimia, con abbuffate compulsive ma senza vomito. Manca infatti la fase di ripulitura dalla trasgressione alimentare e il soggetto resta invaso dal senso di colpa e dal gonfiore dell'eccesso. Il binge può essere un'evoluzione della bulimia ed è diffuso sia tra le donne che tra gli uomini. Può provocare obesità, con tutti i rischi ad essa collegati.
 
L'ortoressia è un'ossessione per i cibi sani o naturali, una forma di anoressia in cui la preoccupazione non è la quantità, ma la qualità. Diventa uno stato patologico quando arriva a provocare pesanti limitazioni nella vita sociale delle persone che ne sono affette e quando genera rituali ossessivo-maniacali nell'igiene e nel controllo scrupoloso degli alimenti. Chi soffre di ortoressia si espone ad avitaminosi, osteoporosi e artereosclerosi con maggiore frequenza rispetto a chi segue un'alimentazione completa.
 
Mentre nell'anoressia-bulimia si assiste a sintomi che espongono il soggetto ad un forte rischio di morte e si può quindi parlare di masochismo, nell'ortoressia avviene il contrario: il soggetto cerca l'immortalità attraverso il cibo e uno stile di vita apparentemente sano.
 
Il nes o ned, ossia, "Night Eating Syndrome" (o "Night Eating Disorder"), cioè sindrome, o disordine, da abbuffate notturne. Si tratta di un problema che unisce un disturbo alimentare ad un disturbo del sonno. Le abbuffate avvengono solo di notte ed in uno stato di non consapevolezza, spesso di vero e proprio sonnambulismo, tanto che il soggetto può non ricordare nulla il mattino successivo. Questo disturbo è spesso associato ad una forma di ansia notturna e il cibo agisce sul soggetto come un ansiolitico o addirittura un sonnifero. E' molto diffuso tra gli uomini.
 
La Vigoressia o Psicopatologia dei body-builder,colpisce più frequentemente gli uomini appassionati di palestra e fanatici dei muscoli scolpiti. E' la tendenza ad alimentarsi con integratori ipervitaminici e iperproteici, a ingerire pillole e bevande ipercaloriche anche come fonte principale di alimentazione o a spingersi fino all'eccesso del doping con steroidi anabolizzanti. Espone al rischio di tumori e di sterilità.
 
L'obesità è la forma statisticamente più diffusa di disturbo alimentare, ma non sempre è un sintomo perché a volte può rappresentare anche una libera scelta di vita. Esiste però una forma di obesità detta psicogena in cui anche davanti alla volontà di dimagrire si assiste ad una enorme difficoltà psicologica del soggetto di accettare un corpo più magro. In questi casi è una posizione inconscia a tenere il soggetto legato all'obesità, probabilmente perché questa funziona come respingente sociale, cioè tende a trasformare il corpo obeso in una sorta di protezione dai rapporti sociali e intimi.
 
L'iperfagia è la costante e continua richiesta psichica di cibo, di solito accompagnata da sensi di colpa e di inadeguatezza interiore e sociale. Non sono necessariamente presenti abbuffate, quanto piuttosto un rapporto costante con il cibo nel corso dell'intera giornata. Produce inevitabilmente un aumento di peso progressivo. Si tende a mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati. Nel vissuto personale sono presenti tentativi ripetuti ed infruttuosi di perdere peso tramite diete severe e restrittive (sindrome yo-yo).
 

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