Devo pagare uno per chiacchierare?

Autore: Maria Rita D'Onofrio

Devo pagare uno per chiacchierare? La potenza della parola nei riguardi delle cose dell’anima sta nello stesso rapporto della potenza dei farmaci nei riguardi delle cose del corpo. (Gorgia)

Cosa si fa quando si va da uno Psicoterapeuta? Si parla! Beh, sono capaci tutti di parlare, no? Parlare, parlare… a chiacchiere non si risolvono i problemi! Perché mai dovrei pagare uno per parlare?

Questo tipo di atteggiamento rappresenta una grande banalizzazione di una questione davvero complessa, apparentemente inafferrabile.

É vero, dallo psicologo si va per parlare. E’ talmente vero che tecnicamente si dice che il colloquio clinico è un atto tipico dello Psicologo. Ogni professione ha i suoi. Ad esempio, la perquisizione è un atto tipico della Polizia Giudiziaria; i rilievi geometrici relativi a opere di edilizia civile di rilevante carattere artistico sono atti tipici dell’Architetto; la prescrizione di un farmaco è un atto tipico del Medico. Si tratta di azioni che presuppongono il possesso, da parte di chi le esegue, di competenze e di tecniche codificate e riconosciute come proprie di quella specifica professione. 

Ma in che senso il parlare è un atto tipico dello psicologo?

Intanto, il colloquio psicologico è molto diverso da una chiacchierata con un amico, perché ha un senso preciso che riguarda l’acquisizione di conoscenza su noi stessi e la definizione di un cambiamento. Si svolge in condizioni ben definite di tempo, di luogo e di stile relazionale. In gergo tecnico si parla di setting. Lungi dall’essere un aspetto formale, il Setting rappresenta un vero e proprio strumento di lavoro. 

Una seduta di psicoterapia (a seconda degli orientamenti) dura un certo tempo (circa un’ora, ad esempio) e ha una determinata frequenza (settimanale, bisettimanale, quindicinale…) definita insieme al paziente sulla base degli obiettivi da raggiungere.

Inoltre, la psicoterapia ha una certa durata, che può essere di mesi o di anni, sempre in base all’orientamento, alle condizioni del paziente e agli obiettivi da raggiungere.

Tutti questi fattori vengono concordati con il paziente e  definiti in un contratto, in cui vengono anche dichiarati i costi delle sedute.

colloqui si svolgono nello Studio del terapeuta, che deve essere un ambiente tranquillo, silenzioso, pulito, luminoso, riservato, confortevole. Durante una seduta di psicoterapia nessuno deve entrare nella stanza, interrompere o disturbare. I telefoni si spengono o si impostano su modalità silenziose. Il paziente deve sentirsi sicuro che la sua privacy non verrà violata in nessun modo, e deve sentirsi accolto

Questi sono gli aspetti più materiali del Setting. Poi ci sono aspetti più propriamente relazionali che lo caratterizzano. Tra paziente e psicoterapeuta non ci sono parentele o amicizie pregresse (il Codice Deontologico stesso lo proibisce e lo sanziona) né frequentazioni al di fuori delle sedute. Non si va a cena insieme, né a prendere il caffè o al cinema. Non ci si scambia messaggi o telefonate se non per concordare orari e giorni delle sedute.

In alcuni casi può accadere che lo psicoterapeuta accompagni il paziente al di fuori dello studio per precise esigenze terapeutiche, come avviene ad esempio in alcune tecniche comportamentali per il trattamento delle fobie o dell’ansia. Ma si tratta di situazioni definite a priori e in linea con gli obiettivi della terapia

Detto questo, rimane la questione: parlare può servire a risolvere i problemi?

La risposta è: sì, per vari motivi. 

È col linguaggio che pensiamo. Con il linguaggio non solo descriviamo la realtà, ma la costruiamo.

Nel momento stesso in cui diamo un nome alle cose, stiamo costruendo la nostra realtà. Una persona può dire “in questa bella giornata di sole sono andato al mare e ho fatto una lunga passeggiata chiacchierando con un caro amico, camminando sulla riva, e mi sono anche ferito con una conchiglia”, oppure può dire “accidenti, oggi al mare mi sono fatto male al piede con una conchiglia, non me ne va mai bene una!”.

Entrambi i racconti sono veritieri e non ce n’è uno migliore dell’altro. Ciò che cambia è il significato attribuito agli eventi: una passeggiata piacevole, con un piccolo incidente marginale nel primo caso; una situazione spiacevole, con il focus su un fastidioso incidente e il resto in secondo piano nel secondo caso. Alle due realtà individuate da questi due racconti corrispondono emozioni completamente differenti, e stati di benessere nel primo caso e di malessere nel secondo.

Se quindi con il linguaggio costruiamo la nostra realtà, con il linguaggio possiamo cambiarla.

Parlare ci aiuta a scoprire quali sono i significati che tendiamo ad attribuire alle cose che ci capitano, e ad individuare quelli che minano il nostro benessere perché sono particolarmente negativi, irrazionali, basati su convinzioni prive di fondamento. Parlare ci aiuta a trovare modi alternativi di costruire la nostra realtà, più realistici, e a modificare di conseguenza i nostri atteggiamenti e comportamenti.

Ma non basta parlare con chiunque, o parlare e basta.

Uno Psicoterapeuta ha studiato a lungo i meccanismi di costruzione e di cambiamento della realtà attraverso il linguaggio. Parlare con questo tipo di professionista, nei modi e nei tempi su descritti, ci porta a individuare obiettivi precisi di cambiamento. Il Setting da una parte ci garantisce uno spazio psicologico di accettazione e di accoglienza, e dall’altra ci richiede una profonda assunzione di responsabilità su noi stessi che si traduca in impegno e partecipazione attiva alla terapia.

Tutto questo è necessario per sperimentare senza timore nuovi stili di costruzione della realtà, più benefici e funzionali per il nostro benessere, e per farli nostri profondamente, in modo da diventare terapeuti di noi stessi in ogni momento della nostra vita e non avere più bisogno dello psicologo.

Foto di Susanne Jutzeler, suju-foto da Pixabay 


Categorie correlate