Cure palliative: formazione psicologica del personale e dei volontari

Autore: Pietro Mignano

Cure palliative: formazione psicologica del personale e dei volontari Nel contesto delle cure palliative l’attività dello psicologo non è rivolta solo al paziente e alla sua famiglia, ma anche al gruppo di lavoro costituito da medici, infermieri e personale ausiliario, nonché ai volontari.
 
EQUIPE
Lo psicologo ricopre due ruoli: funge infatti sia come membro del gruppo di lavoro, che affronta il contesto psico-emotivo del paziente e dei suoi famigliari, sia come membro “super partes”, il cui compito è di supervisionare le riunioni dell’équipe e di garantire sostegno ai membri del gruppo di lavoro; questo è possibile anche attraverso colloqui con i singoli operatori o con interventi di formazione, o ancora intervenendo nei rapporti fra operatori ed utenti (pazienti o parenti che siano) o fra gli operatori stessi.
 
E’ possibile individuare quindi tre funzioni dello psicologo all’interno dell’equipe:
  • proporre una lettura delle dinamiche relazionali presenti all’interno della famiglia o dell’equipe o fra famiglia ed équipe. E’ possibile cioè che il personale infermieristico o assistenziale si relazioni alle singole situazioni facendo appello unicamente ad un processo di ragionamento lineare causa-effetto, che rischia di non prendere in considerazione alcune variabili che intervengono nel determinare la complessità del quadro clinico e socio-famigliare. Lo psicologo quindi può proporre ipotesi relative alle dinamiche relazionali famigliari o di gruppo, facendo riferimento ad un modello sistemico, proponendo di leggere i singoli contesti relazionali con un livello di analisi non lineare, ma circolare e complessa, che prenda in esame le diverse componenti che non sono di natura esclusivamente medica o infermieristica. Si favorisce in questo modo una visione più ampia e meno pregiudiziale della realtà, cercando di accantonare la tendenza al giudizio
  • aiutare i membri del personale a comprendere quale significato assumono le tematiche del  dolore e della morte: il contatto continuo con situazioni di sofferenza e di morte può determinare emozioni di ansia e depressione. Può essere normale che gli operatori mettano in atto atteggiamenti mentali difensivi, per far fronte alla propria impotenza o per evitare un’eccessiva vicinanza emotiva, rendendo difficile il rapporto con il morente e rischiando di mostrarsi distaccati, irritabili o scontrosi. Durante le riunioni si può creare uno spazio in cui il gruppo o il singolo operatore possa esprimere i propri vissuti emotivi, consentendo un loro riconoscimento e lo “smascheramento” di ciò che possono essere i meccanismi di difesa adottati inconsciamente. Questo è facilitato da un clima di condivisione in cui il singolo individuo può avere maggiore consapevolezza del proprio agire che vede essere comune a quello dei colleghi. Durante la riunione d’equipe è facilitata quella elaborazione psicologica che può essere difficile attuare singolarmente, allentando così le tensioni grazie all’aiuto degli altri;
  • affrontare ciò che può essere vissuto come una crisi del proprio ruolo professionale, che deve arricchirsi di altre competenze che vanno oltre il tecnicismo professionale; al singolo operatore, infatti, è chiesto di non rifugiarsi solo nel sapere oggettivo medico o infermieristico, poiché è necessario avvicinarsi alla soggettività della malattia, della singola persona malata e del suo contesto famigliare. Si richiede quindi la disponibilità verso uno stile empatico di comunicazione e di ascolto, per poter cogliere i bisogni del paziente. Questo processo necessita di particolare impegno e motivazione da parte del singolo operatore, al quale è chiesto di conoscere quali sono le proprie difficoltà psicologiche.

  • VOLONTARI
     
    E’ compito dello psicologo seguire i volontari a partire dalla loro selezione, proseguendo con un percorso di formazione di base, accompagnandoli lungo una formazione permanente:
     
    1. la selezione avviene valutando:
    • l’aspetto motivazionale che spinge ad impegnarsi in un’attività di volontariato in cure palliative, ponendo attenzione particolare sulle componenti motivazionali di tipo puramente altruistico, ma anche a quelle di tipo egoistico, cioè mosse da un sano egoismo che spinge a fare qualcosa per sé stessi. Si valutano quindi insieme le aspettative che sono alla base di una determinata scelta;
    • la capacità degli aspiranti di fare fronte agli eventi che possono essere carichi di un alto tasso di emotività e come tali particolarmente stressogeni;
    • la disponibilità ad entrare in rapporto con gli altri in modo empatico;
    • le esperienze personali di malattia e lutto: questo punto è ricollegabile con l’aspetto motivazionale che può essere di maggiore o minore livello di consapevolezza.
    2. formazione di base i cui obiettivi sono:
    • definire i principi delle Cure Palliative;
    • illustrare il contesto specifico in cui il volontario presterà servizio, definendo le possibilità e i confini del ruolo della sua attività ed illustrando gli ambiti d’intervento;
    • fornire al volontario gli strumenti relazionali e comunicativi per accompagnare e supportare emotivamente il malato ed i famigliari lungo il decorso della malattia.Si trasmettono quindi informazioni relative alla malattia inguaribile ed agli obiettivi delle cure palliative e della terapia del dolore. Si forniscono inoltre strumenti per acquisire adeguate competenze per costruire il migliore rapporto empatico con il paziente ed il famigliare.
         Questo è possibile attraverso un corso di formazione che ha sia una componente di insegnamento formale attraverso lezioni frontali, che una componente di formazione interattiva, in cui la persona può sperimentarsi all’interno di un contesto sicuro tramite simulazioni, lavori di gruppo, role-playing, discussione di casi.
         La fase di formazione si conclude con un periodo di tirocinio in cui il nuovo volontario è affiancato da un volontario che opera da almeno un anno e che può seguire il tirocinante attraverso il confronto durante l’azione, favorendo un’integrazione fra teoria ed attività pratica. Alla conclusione del periodo di prova si effettua un colloquio con il tirocinante per aiutare un’elaborazione dell’esperienza svolta sia in termini di “abilità” acquisite, che in termini di vissuti soggettivi sperimentati.
     
    3. formazione permanente i cui obbiettivi sono: 
    - consolidamento e aggiornamento delle competenze necessarie allo svolgimento del servizio;
    . consentire la creazione di un gruppo in cui avvenga confronto di informazioni e di emozioni relative il proprio essere volontario; ciò consente il consolidamento del senso di appartenenza ed avviene con le stesse modalità della formazione di base;
    - confronto su tematiche fondamentali, quali:difficoltà psicologiche legate alla sofferenza, alla malattia e alla morte;
  • funzioni dei volontari, loro risorse e limiti;
  • interazione relazionale con malati e parenti, prestando attenzione agli aspetti comunicativi verbali e non verbali;
  • complesso e dinamiche famigliari;
  • compito del volontario nel contesto delle Cure Palliative;
  • attività del volontario, studio e discussione dei casi.


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