Ragazze stuprate: l'educazione può avere un ruolo?

Autore: Silvia lo Vetere

Ragazze stuprate: l'educazione può avere un ruolo? Scorrendo la cronaca di questi giorni, l’ennesima tragica notizia: a Treviso una ragazza di 21 anni stuprata in un sottopasso della stazione.
 
Un dramma che si ripete testimoniato anche nelle agghiaccianti statistiche.
 
Impotenti e sconvolti di fronte a questi avvenimenti sorge ineludibile la domanda: possiamo fare qualcosa come adulti, come genitori?
 
Contro sfortuna,tragica fatalità,purtroppo nulla, come in molti fatti brutti della vita.
 
Possiamo però, in una visione preventiva, non smettere mai di interrogarci su come educare al meglio i nostri figli sul tema. Almeno su due versanti.
 
Il primo è certamente quello di continuare a educare maschi e femmine al rispetto, alla condanna di ogni forma di prevaricazione dell’altro; educare al coraggio della denuncia di fronte a qualsiasi forma di violenza; lottare perché la parità fra uomo e donna divenga sempre più reale. Quindi che una donna si possa sentire al sicuro camminando per strada al pari di un uomo.
 
Di fronte però alle sconcertanti statistiche di stupro, di giovanissime ragazze, credo che bisogna anche lavorare nell’educazione su un altro versante.
 
Più scomodo e contradditorio in una società che si dice avanzata, ma non per questo meno importante.
 
Cosa, di più naturale nella domanda di una figlia che ci dice: perché mai una ragazza dopo una certa ora, dovrebbe farsi accompagnare a casa e un ragazzo no? Ineccepibile domanda in un mondo ideale. Meno in quello reale.
 
Nell’educazione di una figlia femmina, in attesa che la società cambi e divenga realmente civile, bisogna che un ragazza impari a tenere conto di una differenza dai coetanei maschi sul tema delle violenza sessuale che ad oggi continua a esistere.
 
Se è indubbiamente vero che anche un ragazzo da parte di menti malate, alterate o eccitate dal gruppo e dall’alcool, può subire traumi legati ad atti violenti. Essere derubato ad esempio, picchiato. Altrettanto vero è però che molto meno facilmente diventa preda sessuale.
 
Piaccia o no, questa differenza continua a esistere e, mentre combattiamo per una società che divenga davvero civile e avanzata, bisogna nel frattempo insegnare alle nostre figlie a tenere conto di questo dato. Verificare, per quanto in nostro potere, che insieme all’entusiasmo e al coraggio di conquistare il mondo, cresca in loro anche quella di auto proteggersi per quanto in loro e in nostro potere. Intuendo quando le circostanze lo richiedono e mettendo in campo gli strumenti necessari. Vale naturalmente anche per un figlio maschio tutto questo,ma più che mai sul tema delle violenze sessuali, vale per una figlia femmina.
 
I messaggi educativi devono allora essere il più chiari e precoci possibili. Avvalersi di quei NO che in una società ideale non dovrebbero esistere, ma che nella realtà sono più che mai necessari
 
. Quei NO che oggi osserviamo, al contrario talvolta troppo deboli o troppo tardivi.
 
Quei NO che ogni genitore di buon senso sicuramente non manca di dare, ma oggi forse in modo meno autorevole e costante. Magari perché talvolta i NO sono troppi e annacquano la loro credibilità,altre volte poco lavorati nel tempo, o resi scarsi oggetti di conseguenze pensate e mantenute, se trasgrediti.
 
 
NON DARE CONFIDENZA AGLI ESTRANEI
 
Ci siano conosciuto al bar. Erano carini e gentili quei ragazzi. Si sono offerti di accompagnarci a casa. Perché no?
 
Giustamente si dice a ogni bambino sin dalle elementari: non accettare la caramella dagli sconosciuti, non dare confidenza.
 
E in effetti è più precocemente possibile che un bambino deve sviluppare anche il senso del pericolo, fare propria la necessità di non dare confidenza a chi non conosce. Insomma imparare ad auto proteggersi. Un processo che deve avanzare fino a crescita compiuta.

  Dalla preadolescenza indubbiamente le cose si complicano: il senso di invulnerabilità proprio dell’età, la sopravvalutazione delle proprie capacità di valutazione, possono portare più facilmente a sfide e a superficialità fatali.
 
Non possiamo certo per questo diventare ansiosi detective dei nostri figli. Seguirli e controllarli in ogni loro azione.
 
Essere certi però di spendere il tempo necessario, mai una volta per tutte, ma nel tempo,per confrontarsi con loro, questo sì. Magari proprio a partire dal commento ai fatti di cronaca; chiedendo loro cosa avrebbero fatto in circostanze del genere; ragionare sul comportamento di un’ amica che colpisce e simili .
 
Come altrettanto certi dobbiamo essere che i nostri NO siano prima pensati, quindi messi in campo con fermezza. Così come pensate le eventuali restrizioni nel caso siano trasgrediti o presi troppo superficialmente.
 
 
L’ORARIO DI RIENTRO
 
Ha insistito fino allo sfinimento , le parole di una mamma di una 14enne in vacanza, parte di un gruppo di amici adolescenti, di età un po’ diverse.
 
Gli amici, possono stare ai giardinetti, anche oltre la mezzanotte.
 
Perché io no?
 

Stabilire un orario che sentiamo congruo all’età, e mantenerlo è molto importante.
 
La gradualità delle concessioni va spiegata come tale: una quattordicenne ha una valutazione delle circostanze meno realista di una diciassettenne o di un ventenne, quindi il limite orario va modulato diversamente .Piaccia o no.
 
Essere graduali nel concedere lo spostamento delle lancette in avanti, protegge nostro figlio innanzitutto, ma anche ci offre una prospettiva di osservazione preziosa di quanto prende sul serio la regola: rispetta quel limite che gli abbiamo dato anche se non contento? Se lo trasgredisce lo fa in modo grave e ripetuto?
 
Nel caso ci chiama?
 
Le risposte a domande come queste, ci aiutano allora ad avere il polso di quanto un figlio sia in grado di accettare un limite e una guida, quanto senta di avere una responsabilità oltre che su se stesso, anche verso chi gli vuole bene, quanto mostra un atteggiamento consapevole o superficiale su quanto per noi è imprescindibile.
 
Osservazione che ci orientano sul da farsi. Se e quando allargare le maglie o piuttosto limitare le libertà concesse fino a nuova prova.

 
IN UN LUOGO NON CONOSCIUTO O CON POCA GENTE SI STA IN GRUPPO
 
Spesso sono quei cento metri fatti da soli in cui accadono i fatti più gravi
 
Quante volte ho detto a mia figlia quindicenne che in luoghi poco conosciuti o affollati, soprattutto in ora serale, bisogna non lasciare il gruppo di amici con cui si è. O aspettare e accertarsi che passino persone.
 
Lei ne fa una questione personale: credi che sia così stupida nelle valutazioni? Se mi allontano so ciò che faccio.
 
Va spiegato molto bene che le condizioni di potenziale pericolo sarebbero le stesse anche per l’ adulto più sensato ed intelligente del pianeta. Non sono in questione la capacità o la prontezza personali. Spesso i ragazzi fanno confusione su questo punto.

 
DOPO UNA CERTA ORA NON SI TORNA A CASA DA SOLI. SOPRATTUTTO LE RAGAZZE
 
Sei dell’età della pietra. Oppure: ci mancherebbe che una ragazza debba essere più limitata di un ragazzo.
 
In epoca di parità spesso le ragazze sentono questo come una sorta di affronto poco tollerabile; o un residuo di antico romanticismo sul quale sorridere.
 
Hanno anche ragione a sentirsi offese, ma la realtà è un’altra. In un mondo ideale non dovrebbe certo esser così.

   Nel mondo reale però le conseguenze, bisogna aiutare una figlia a focalizzare molto bene, possono essere drammatiche e a subirle non è il mondo ma lei stessa.
 
Aiutarla inoltre a capire che si diventa davvero forti, non quando si fa gli indipendenti mettendosi a rischio.
 
Piuttosto quando, in questa come in tutte le cose della vita, si impara a fare i conti con la realtà non facendosene sopraffare. Piuttosto imparando a gestirla e quando necessario imparando a proteggersene.
 
Questi solo alcuni dei NO possibili.
 
Sono contenuti che certamente, ogni genitore di buon senso, non manca mai di trasmettere.
 
Forse talvolta, soprattutto oggi, sono la perseveranza, la convinzione, l’autorevolezza ad essere più deboli. L’idea di un lavoro di confronto, di verifica che continua nel tempo. Non certo nella direzione di diventare ansiosi e troppo controllanti mettendoci a seguire ogni mossa di nostro figlio.
 
Sarebbe inutile e dannoso.
 
Sicuramente però attenti a cogliere ogni occasione dialogo, per esempio osservare il comportamento, i commenti che i nostri figli fanno degli amici e delle amiche, e quindi come recepiscono quello che per noi è molto serio.
 
Certo non proteggiamo così un figlio in tutto. Da quello che non possiamo, come esseri umani, controllare e prevenire anche se lo vorremmo con tutti noi stessi.
 
Però forse abbiamo più probabilità che proprio quando nostra figlio/a stanno decidendo di tornare a casa soli,magari non del tutto sobri, a notte fonda. O stiano decidendo di fare quella via isolata che tanto è molto corta, o altro ancora, la nostra voce sia diventata la loro. Che quindi un pensiero dentro di sé li fermi e faccia riflettere.
 
E’ poco. Spesso può fare la differenza.
 


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