La prova scientifica nel processo penale

Autore: Rocco Freda

La prova scientifica nel processo penale In vista dell’evoluzione e dell’apporto della scienza nel processo penale, nonché il ruolo sempre più determinante che assumono i consulenti tecnici delle parti (private e del P.M.) e dei periti, quali ausiliari del Magistrato, ai fini della formazione della prova scientifica, risulta oggettivo come quest'ultima si ponga sempre più come la "prova regina" su cui basarsi, al fine dell'accertamento di un determinato fatto.
 
E' bene rimarcare come per "prova scientifica" si intenda l'ausilio di un sapere fortemente tecnico che esula dalle competenze del Giudice, atto alla ricostruzione di un determinato fatto storico, ove la perizia e la consulenza tecnica sono i due mezzi di prova attraverso i quali fa ingresso nel processo penale il sapere tecnico, scientifico e artistico.
 
L’aspetto che nell’ordinamento processuale italiano distingue principalmente la consulenza tecnica dalla perizia è, per l'appunto, il soggetto che può avvalersene, in quanto entrambe consistono in indagini, accertamenti e valutazioni tecniche, come specificato dall’art. 220 c.p.p.; tuttavia mentre il perito viene nominato dal giudice ex art. 221 c.p.p., il consulente tecnico è uno “strumento di ausilio tecnico-scientifico”ad esclusivo a disposizione delle parti processuali.
 
Queste, infatti, gli affidano, come precisato dalla Corte di Cassazione, “non solo la prestazione di attività materiali richiedenti un certo grado, più o meno elevato di capacità tecnica, ma anche e soprattutto la motivata formulazione di una valutazione critica dei risultati di dette attività. Alla luce delle cognizioni di cui il consulente, in quanto specialista di una determinata materia, deve essere in possesso” (Cass. pen. Sez. VI, 14/05/1992, in Guariniello, Il processo penale nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, 1994, p. 71.).
 
Orbene, la Suprema Corte, con le recenti statuizioni, si è espressa sul tema della formazione della prova scientifica, sia nell'ottica delle garanzie processuali e del rispetto del principio costituzionalmente sancito del contraddittorio, che in caso di pluralità di tesi contrastanti tra esse, ai fini dell'accertamento di un determinato fatto. 
 
Con la pronuncia n. 30816 del 9.08.2022, la Suprema Corte (Sez. IV), infatti, si è pronunciata sul delicato e controverso tema inerente al contraddittorio nella prova scientifica in tutte le sue fasi. Nello specifico, la Cassazione si è soffermata sulla violazione di tale principio derivante dall'omesso esame dei consulenti tecnici, successivamente a quello del perito nominato dalla Corte di appello e dall'omessa considerazione degli argomenti da loro esposti nelle relazioni di parte e delle relative conclusioni, in sede di decisione.
 
Ripercorrendo gli orientamenti contrastanti sul tema, la Suprema Corte, con la statuizione de quo, ha individuato i momenti della scansione della formazione della prova scientifica, muovendo dalla considerazione che il contraddittorio deve essere garantito in tutte le fasi. Ciò si ricava, infatti, non solo dall’art. 111 Cost., ma dal disposto dell’art. 6 della Convenzione EDU, sulla parità delle armi, che impone di offrire all’accusato la possibilità di contrastare le tesi del tecnico del giudice o dell’altra parte attraverso la tesi veicolata nel processo dal proprio consulente.
 
Pertanto, la Corte di legittimità ha ritenuto di dover 'aggiornare' il precedente orientamento "nella parte in cui legittima l'omesso esame del tecnico di parte nei casi in cui questo non abbia tenuto un atteggiamento reattivo nel corso delle operazioni peritali", osservando che "la tutela del diritto al contraddittorio nella formazione della prova scientifica assuma una configurazione più complessa di quella del semplice diritto al controesame, che connota la prova dichiarativa e si invera nel costante confronto tra tecnico d'ufficio e consulenti di parte che deve essere tutelato dalla fase del conferimento dell'incarico, durate lo svolgimento delle operazioni peritati, fino alla esposizione in contradditorio dibattimentale dei pareri."
 
Con l' altra recente pronuncia del 30.12.2022 nr. 49652 (Sez. IV), la Suprema Corte ha riaffermato il principio secondo cui, in tema di prova scientifica, in presenza di tesi contrapposte "la Corte territoriale opera una corretta ed esauriente disamina del sapere scientifico introdotto nel processo, coerentemente con i dicta di questa Corte di legittimità secondo cui, qualora sussistano, in relazione a pluralità di indagini svolte da periti e consulenti, tesi contrapposte sulla causalità materiale dell'evento, il giudice, previa valutazione dell'affidabilità metodologica e dell'integrità delle intenzioni degli esperti, che dovranno delineare gli scenari degli studi e fornire adeguati elementi di giudizio, deve accertare, all'esito di una esaustiva indagine delle singole ipotesi formulate dagli esperti, la sussistenza di una soluzione sufficientemente affidabile, costituita da una metateoria frutto di una ponderata valutazione delle differenti rappresentazioni scientifiche del problema, in grado di fornire concrete, significative ed attendibili informazioni idonee a sorreggere l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato. Altrimenti potendo concludere per l'impossibilità di addivenire ad una conclusione in termini di certezza processuale.
 
Pertanto, per la Suprema Corte "ciò significa che, in sede di legittimità, non si può valutare la maggiore o minore attendibilità degli apporti scientifici esaminati dal giudice, in quanto quest’ultimo, in virtù del principio del suo libero convincimento e dell’insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, ha la possibilità di scegliere, fra le varie tesi prospettategli dai differenti periti di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto, con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti".
 
Per concludere, la Suprema Corte, con la statuizione de quo, ha rimesso al giudice di merito la valutazione circa gli apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità, purchè sorretti da adeguata motivazione. Pertanto, in questa fase, il giudice deve esaminare le basi fattuali sulle quali le argomentazioni degli esperti sono state condotte; deve verificare l’ampiezza, la rigorosità e l’oggettività della ricerca, e deve apprezzare conclusivamente l’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica prescelta.
 

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