Essere genitori oggi: tra modelli e responsabilità

Autore: Valentina Menga

Essere genitori oggi: tra modelli e responsabilità Essere genitori oggi comporta una serie di rischi e di amare conseguenze, se il parametro di valutazione diventa il confronto e il giudizio.
 
La società di oggi è sempre pronta a giudicare, puntare il dito e spesso e volentieri a non comprendere, quella che è la storia e la vita che ogni singolo individuo, prima ancora di essere genitore, affronta nella sua quotidianità.
Giudizi, sensi di colpa, confronti, parametri costanti che ogni giorno il genitore si ritrova a subire, soprattutto in seguito all’avvento dei social.
Sul web sembra si cerchi di rincorrere l’idea del genitore ‘perfetto’: quel genitore che non sbaglia mai, sempre pronto a dispensare buoni consigli e a far vedere quell’ideale di vita perfetta, che poi così perfetta è.
 
Bisognerebbe cominciare a normalizzare, tra genitori, mamme, educatori, il fatto che la famiglia non è come la famiglia del ‘mulino bianco’, che la casa non è sempre in ordine, che ogni tanto può capitare di dimenticarsi di qualcosa, che è normale che un figlio faccia i capricci, che si arrabbi oppure che sia così felice ed entusiasta da urlare.
Ovviamente tutte queste emozioni, non avendo loro ancora capacità gestionali, vanno contenute dal genitore o dall’adulto di riferimento in questione.
Quello che con questo articolo ci tengo a far emergere è che la società odierna, così consumistica, frenetica e vertiginosa, ci sta facendo perdere di vista quello che di più importante c’è: il bambino.
 
Rousseau parlava di puerocentrismo, ovvero il mettere il bambino al centro del sistema educativo, riconoscendone la sua spontaneità, libertà e autonomia.
 
Se solo ciascun adulto si sforzasse di comprendere e di mettersi nei panni di quel genitore, sicuramente tante critiche non costruttive verrebbero evitate.
 
Si ha la tendenza ad essere tanto presi dalla nascita del bambino o bambina, il che è giustissimo, ma chi si interessa realmente della mamma che lo ha messo al mondo?
 
Chi si preoccupa del suo benessere psico-fisico? Perché spesso e volentieri lo si dà per scontato?
Bisognerebbe creare una ‘rete’ di supporto, affinché la mamma non si senta mai solo.
 
Come farlo?
Innanzitutto, bisognerebbe cominciare dal nucleo familiare, papà del bambino, nonni, fino ad allargarsi al gruppo di amicizie.
Perché il non sentirsi sole, può sembrare banale, ma rappresenta un’ancora di salvezza, non indifferente.
 
All’interno di questo quadro, la figura paterna è altrettanto importante ed è importante pensarla come alleato dell’unione mamma-bambino.
Il papà è anch’esso un educatore, come lo è la mamma; sicuramente la mamma avrà un legame diverso, avendo cresciuto il figlio/a per nove mesi nella sua pancia, ma ciò non significa che il ruolo del papà sia meno importante anzi, è ugualmente importante ma in modo diverso.
 
Parliamo quindi di cogenitorialità o genitorialità condivisa.
Ritornando al discorso della rete di supporto parentale, attenzione vuole essere posta sui nidi.
All’interno di questi ambienti il bambino cresce, esplora, impara ad entrare in relazione con i suoi coetanei.
Oltre al bambino, anche il genitore tuttavia comincia un percorso di crescita, in riferimento al suo ruolo di genitore. E’ pertanto importante che l’educatore del nido, adeguatamente formato, aiuti i genitori, nel loro percorso di crescita e di fiducia verso il proprio bambino.
Perché ricordiamoci: un attaccamento sicuro, è il solo modo che permette al bambino di sentirsi carico di fiducia, di poter esplorare il mondo, sapendo che il genitore sarà sempre lì pronto, a tendergli una mano.
 

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