Dietro la porta dello studio di uno psicoterapeuta...

Autore: Sonia Allegro

Dietro la porta dello studio di uno psicoterapeuta... Capita spesso di assistere a numerose svalutazioni e ammirazioni sulla professione dello Psicologo e Psicoterapeuta. C'è gente che teme e svaluta la categoria, spesso senza motivi razionali, e persone che sopravvalutano al punto di ritenere il professionista in grado di leggere nel pensiero o produrre soluzioni a richieste più disparate.

Credo che tutto questo accada perché, per molti, risulta ancora un "mistero" cosa si manifesti dietro quella porta, dentro quelle quattro mura che tanto meravigliano e tanto spaventano contemporaneamente.
 
Chiarisco subito che l'intento di questo articolo non è avvicinare le persone ad intraprendere possibili percorsi psicoterapeutici, ma essenzialmente a diffondere più conoscenza sulla nostra professione, avvolta ancora da un'aura di incredulità e mistero.

Si è creduto in passato che il plagio o il condizionamento psicologico fosse l’intento principale della nostra categoria: attraverso tecniche di suggestione e persuasione il professionista avrebbe apportato modifiche strutturali alla personalità del soggetto. Purtroppo, ogni tanto, i fatti di cronaca portano a galla queste credenze, ma per fortuna siamo ben lontani dalla dittatura comunista cinese che trattava i prigionieri americani riducendoli in uno stato di schiavitù fisica e psicologica e sottoponendoli a tecniche volte a sostituire le loro personali convinzioni con i valori coerenti con l’ideologia del regime.

E allora, se abbandoniamo l’idea del “lavaggio del cervello” quale potrebbe essere il vero scopo del professionista quando dalla sua porta varca un probabile paziente?

“Puoi costruire qualcosa di bello anche con le pietre che trovi sul tuo cammino” (Goethe)

Ritengo che questa frase detenga l’essenza della Psicoterapia: un delicato messaggio che vorrei tramandare a coloro che non sanno bene cosa accada in quello studio.
Perché dico questo? Perché ogni essere umano ha la propensione innata di raggiungere la propria realizzazione e il lavoro di noi psicoterapeuti è sostanzialmente questo: facilitare la propensione naturale, aiutando ad eliminare, o a sfruttare, gli ostacoli che si possono incontrare lungo la strada e che possono bloccare l’autorealizzazione. 

E qual è lo strumento migliore per ottenere tale obiettivo? Ovviamente i numerosi approcci e orientamenti della nostra categoria rendono il tutto molto variegato, ma se ci addentriamo tra le numerose teorie di riferimento, passando da quelle più psicodinamiche a quelle più comportamentiste, uno strumento comune a tutte è rappresentato dalla relazione terapeutica.

Perché il professionista possa essere d’aiuto a chi si rivolge a lui, è indispensabile stabilire un rapporto i cui ingredienti principali siano autenticità, accettazione positiva incondizionata e spontaneità.

Attraverso la sperimentazione di questi aspetti sarà possibile raggiungere l’obbiettivo che forse accomuna tutte le terapie dei pazienti che abbiamo incontrato, fino ad ora, e che incontreremo: aumentare l’esame di realtà e aiutare il paziente a vedersi con gli stessi occhi con cui ci guardano gli altri.

Se auspichiamo al raggiungimento del cambiamento terapeutico sarà necessario mostrare al paziente la sua parte di responsabilità riguardo le proprie scelte, cioè di quella “componente” che inconsciamente è stata messa in gioco contribuendo alla propria sofferenza, per poi condurlo all’accettazione di questa.

Chi si avvicina alla Psicoterapia con scetticismo, probabilmente, riterrà che tutto questo sia un’argomentazione inconsistente, la classica fuffa o luogo comune, ma ricordiamo che la Psicologia è una Scienza e le numerose scoperte nel campo delle Neuroscienze ci hanno permesso di acquisire importanti conquiste.

È ormai scientifico che la Psicoterapia influenzi il metabolismo e il flusso di sangue verso regioni specifiche del cervello, così come l’assorbimento della serotonina e i livelli degli ormoni tiroidei. Per non dimenticare del numero e del tipo di connessioni sinaptiche (connessioni tra i neuroni) che vengono notevolmente modificati quando si verifica un apprendimento ben riuscito e questo include anche l’apprendimento che avviene in Psicoterapia.

Magari i più coraggiosi che hanno proseguito la lettura dell’articolo fin qui penseranno a quanto sia affascinante e gratificante essere uno Psicoterapeuta, ma i rischi del mestiere sono vari e di molteplici forme.

Non è facile sotto più punti di vista, c’è chi la definisce una vocazione impegnativa segnata spesso da ansia, frustrazione e solitudine che sono inevitabili in questo lavoro.

Allora anche lo psicoterapeuta piange, si arrabbia, si sente solo e prova ansia? Direi proprio di sì. Il terapeuta è un essere umano e come tale, oltre a viversi tutte le sfumature emotive che caratterizzano l'esistenza umana, sperimenta il senso di colpa, la vergogna, il desiderio di essere amati e di essere destinatari di affetto, la sensazione di essere vulnerabile, le insicurezze e le paure. Proprio come i nostri pazienti, proprio come qualunque altro essere umano. 

Ed ecco che il rischio più grande per ogni professionista in questa categoria è quello di dedicare una vita al servizio del benessere dell’altro, rischiando di trascurare i propri bisogni e desideri; ci rivolgiamo alle necessità e alla crescita dell’altro al punto da tralasciare spesso le nostre esigenze.

“Moderare” l’immagine del terapeuta e renderla semplicemente umana permette di avvicinare maggiormente il paziente al professionista, pensarli come “compagni di viaggio, un termine che abolisce le distinzioni tra <> (coloro che soffrono) e <> (i guaritori)” - Il dono della terapia, Irvin D. Yalom.  
 
Bibliografia: “Il dono della terapia” , Irvin D. Yalom


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