Come essere felici. Il metodo R.E.A.C.H.

Autore: Francesco Ziglioli

Come essere felici. Il metodo R.E.A.C.H. Probabilmente tutti, o una buona parte delle persone, ha come obiettivo di essere felice o di condurre una vita serena e priva di sofferenze. Tuttavia, è un'impresa molto difficile considerato che la sofferenza e il disagio è parte dell'essere umano.

La psicologia clinica si è sempre interessata maggiormente a quegli aspetti inerenti la "psicopatologia", ovvero le situazioni patologiche che creano disagio, come la depressione, l'ansia, il panico, la rabbia e molto altro ancora.

Non tutti sanno, però, che esiste una branca della psicologia nota come "positiva". Il termine è emblematico. Infatti, la psicologia positiva si occupa di tutti quegli aspetti della vita mentale e comportamentale dell'uomo lontani dalla sofferenza e dal disagio, slegati dalla psicopatologia, concentrandosi invece sulle condizioni che favoriscono la serenità e il benessere.

Il fondatore di questa disciplina psicologica, Martin Seligman, ha ipotizzato un modello per raggiungere la felicità. E' interessante notare come per essere veramente felici, il punto fondamentale risulta essere il "perdono". Nel suo libro "Felicità autentica", egli descrive un metodo chiamato R.E.A.C.H. (acronimo di “Recall, Empathize, Altruistic gift, Commit and Hold", ovvero in italiano "Ricordare il dolore, essere empatici, fare un regalo altruistico, impegnarsi e trattenere").

In sintesi, ogni passo di questo modello consente di raggiungere uno stato di felicità. Vediamo come:

R.: in questa fase iniziale è opportuno richiamare alla mente l'evento doloroso che ci ha fatto soffrire, senza concentrarsi sulla persona che lo ha causato, ma solamente sul disagio che abbiamo provato, cercando di liberarsi da tutti i punti di vista soggettivi e provando ad elaborare il fatto con maggiore oggettività.

E.: il termine "empatizzare" significa che dobbiamo entrare in contatto con ciò che l'altro, in quel momento, potrebbe aver provato, pensato, vissuto. Non è un'operazione facile, ma si tratta di prendere il punto di vista di quella persona, per cercare di capire qual'era il suo stato mentale che l'ha condotto a fare ciò che ha fatto.

A.: consiste nella fase del regalo del "perdono". Può rivelarsi quella più impegnativa. Si può iniziare richiamando alla mente un evento simile, a parti invertite. Si può provare a ricordare quella volta in cui abbiamo ferito, ma siamo stati perdonati. Come ci siamo sentiti dopo? Questo può essere utile per pensare di regalare all'altro la stessa emozione positiva che a noi ha creato il perdono.

C.: si intende la fase di impegno per rendere "pubblico" il perdono. Non significa che lo debbano sapere tutti. Basta, per esempio, che lo sappia la persona interessata. Seligman suggerisce, tra i vari metodi, quello di scrivere una lettera.

H.: l'ultima fase, la più complessa. E' richiesto di modificare leggermente il ricordo richiamato all'inizio per cancellare le emozioni disfunzionali negative quali, ad esempio, collera e desiderio di vendetta per sostiuirle con fastidio o irritazione, decisamente più utili. Non sis tratta di cancellare dalla memoria un ricordo, ma di modificarlo sulla base delle esperienze presenti. Questo ci da idea di come la nostra mente sia maggiormente controllabile di quello che si pensa. Ricordare con rabbia un evento passato non ci da informazioni sul fatto che non abbiamo ancora perdonato. Ma ci fa capire come quel particolare evento sia stato molto rilevante nella nostra vita. 


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