Che ossessioni! Affrontare immagini e pensieri intrusivi

Autore: Pietro Ielpo

Che ossessioni! Affrontare immagini e pensieri intrusivi Vi capita di essere letteralmente rapiti dai vostri pensieri? Avvertite il bisogno di “spegnere il cervello” per trovare un po’ di pace e sollievo da immagini e pensieri ricorrenti? Se la risposta a queste domande è si, quanto segue potrebbe interessarvi.
 
Cosa sono le ossessioni?
 
Le ossessioni sono pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti come intrusivi e indesiderati che causano ansia o disagio marcati. La persona tenta di ignorarli o sopprimerli oppure cerca di neutralizzarli con altri pensieri o azioni (cioè mettendo in atto una compulsione). Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare ecc.) o azioni mentali che ci si sente obbligati a mettere in atto in risposta a un’ossessione. Tali comportamenti o azioni mentali sono volti a prevenire o ridurre l’ansia associata alle ossessioni (APA, 2013). Ossessioni e compulsioni possono essere sia connesse che indipendenti l’una dall’altra. Se è vero che non esistono compulsioni senza ossessioni, si riconosce l’esistenza di ossessioni pure, senza compulsioni (Dettore, 2003).
 
Controllo assoluto vs controllo parziale
 
Se si parte dal presupposto che “si devono e si possono controllare completamente i propri pensieri”, si entra inevitabilmente in conflitto con il fatto, ormai ampiamente riconosciuto, che i pensieri intrusivi sono un fenomeno universale. Insomma, a prevenire e controllare completamente le ossessioni, si perde in partenza! In realtà, un certo controllo mentale (anche se non totale) è possibile. Quando siamo rapiti dai nostri pensieri, spostando il focus della nostra attenzione dall’interno (dai nostri pensieri/immagini) all’esterno (ad esempio descrivendo un oggetto nella stanza, o concentrandoci su suoni particolari), interrompiamo il flusso delle ossessioni. Tuttavia, il modo più efficace per lavorare con le ossessioni è cambiare il modo in cui ci relazioniamo ad esse: lasciare che passino attraverso la propria mente, piuttosto che cercare di resistervi.  

Inutile resistervi
 
Ciò che spesso non si sa è che più si cerca di sopprimere le ossessioni, più gli effetti saranno controproducenti e paradossali. Voler impedire preventivamente al pensiero ossessivo di attraversarci la mente non è utile, oltre che difficilmente realizzabile. Così facendo, infatti, saremmo proprio noi a richiamare tale pensiero (se ci imponiamo il compito di non pensare ad un elefante rosa, dobbiamo costantemente ricordarci di non farlo e così necessariamente pensiamo ad un elefante rosa). Si può riuscire a spingere una porta e, contemporaneamente, non essere in qualche modo in contatto con essa? Già nel testo buddista Satipatthana Sutta, all’aspirante è consigliato semplicemente di concentrarsi sui pensieri intrusivi senza fare alcuno sforzo per liberarsi di essi: così facendo tali pensieri perdono la loro potenza e scompaiono (De Silva 1990, cit. in Dettore, 2003).  
Pensieri come nuvole
 
La metafora dei “pensieri come nuvole” aiuta a cogliere in che modo possiamo rapportarci in modo diverso ai nostri pensieri. Le nubi fanno parte del sistema atmosferico terrestre e sarebbe impossibile, oltre che inutile, tentare di controllare questo processo di autoregolazione. Possiamo vedere i nostri pensieri proprio come nuvole in transito ai quali si consente di occupare lo spazio che desiderano, notando che, tutto sommato, sono solo di passaggio (Wells, 2009). Divenire, quindi, osservatori dei nostri pensieri piuttosto che fonderci con essi (Harris, 2009). Come se se si fosse spettatori di un multi sfaccettato panorama di pensieri e immagini. Vedere i nostri pensieri per quello che sono, cioè “solo pensieri”: parole poste l’una dietro l’altra. Un pò come dei titoli di coda che osserviamo alla fine di un film.

Secondo il modello di Foa e Wilson quando si presenta un’ossessione sarebbe necessario:
  • fermarsi un attimo e riconoscere di stare avendo un’ossessione. Quindi etichettando il pensiero come tale;
  • ricordarsi che è possibile avere momentanei pensieri ossessivi;
  • ripetersi che il contenuto delle ossessioni è per definizione irrazionale e iperdrammatizzante;
  • non analizzare il contenuto dell’ossessione, ma lasciare solo che tale pensiero rimanga in mente e quindi passi spontaneamente senza mettere in atto misure relative ad esso. Tale cambiamento di atteggiamento non diminuirà immediatamente il numero delle ossessioni, ma costituirà un primo fondamentale passo verso la loro sconfitta.
 
Conclusioni
 
Cambiare il modo di rapportarci ai nostri contenuti mentali, richiede esercizio e metodo e rappresenta un modo efficace per non farsi catturare dai propri pensieri. Diverse sono le metodiche utilizzabili per le quali si rimanda ai testi citati in bibliografia. E’ comunque auspicabile applicarle all’interno di una cornice psicoterapica più ampia, sotto la guida attenta di un professionista. Se tutte le strategie di controllo non ci hanno aiutato, forse può valere la pena tentare qualcosa di diverso.
 
 
BIBLIOGRAFIA
 
American Psychiatric Association (APA) (2013), “DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, Raffaello Cortina, Milano, (tr. it. 2014).
 
Dettore, D. (2003), “Il disturbo ossessivo-compulsivo. Caratteristiche cliniche e tecniche di intervento”, McGraw-Hill, Milano.
 
Harris, R. (2009), “Fare ACT. Una guida pratica per professionisti all’Acceptance and Commitment Therapy”, Franco Angeli, Milano (trad. it. 2011).
 
Wells, A. (2009), “Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione”, Eclipsi, Firenze (trad.it.
 
2012).


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