IPOD - Istituto di Psicodramma ad Orientamento Dinamico di Roma

IPOD - Istituto di Psicodramma ad Orientamento Dinamico di Roma PLAYS è un istituto di ricerca italiano, fondato da Ottavio Rosati per la ricerca e l'insegnamento dello psico.play analitico. Il modello teorico di PLAYS deriva dall’opera di Jacob Levi Moreno e si giova delle ricerche di tutti gli psicoanalisti e terapeuti che, nel loro lavoro, hanno arricchito la comunicazione verbale con l’azione, il gioco e l’immagine.
L’istituto PLAYS deriva dall’ARPA, un’associazione culturale definita con atto notarile nel 1990, e attiva sin dal 1975, anno di pubblicazione “Atti dello Psicodramma” (ed. Astrolabio-Ubaldini) la prima rivista italiana dedicata allo psicodramma analitico.
La psicoterapia inventata da Moreno era infatti arrivata in Italia negli anni Settanta tramite la SEPT di Parigi diretta dagli psicanalisti lacaniani Paul e Gennie Lemoine. La rivista fondata da Rosati con l’editore Mario Ubaldini introduceva le differenze tra le varie scuole di psico.play sorte in Francia negli anni Quaranta, ed è la testimonianza del nostro percorso di ricerca storica e clinica.
I primi numeri si limitavano a riproporre la traduzione di articoli apparsi in Francia sul “Bulletin de la SEPT” , ma quelli successivi proponevano la scoperta della scuola di psicoterapia fondata da Moreno. Accanto ai primi scritti sul Teatro della Spontaneità a Vienna negli anni Venti, presentammo due studi di taglio etno-psichiatrico di Vincenzo Caretti su feste tribali da lui fotografate in Asia e interviste dell’americanista Fernanda Pivano a Zerka Toeman Moreno al Beacon Institute di New York che apparvero anche sulla terza pagina del Corriere della Sera.
Al quinto anno di pubblicazione, Atti dello psicodramma pubblicò articoli sui segreti rapporti che legano il Teatro della Spontaneità di Vienna alla trilogia pirandelliana del Teatro nel Teatro e alcuni interventi di Cesare Musatti sul modello di psico.play da lui praticato in Italia insieme a Franco Fornari , secondo il setting di Serge Lebovici, che faceva ricorso a un gruppo di psicoanalisti per un solo paziente . Il dialogo tra scuole di psicodramma analitico e psicodramma classico era solo all’inizio. I seminari romani di Lewis Yablonsky e Gretel Leutz (due dei primi allievi formati da Moreno) suscitarono più diffidenza che curiosità e persino l’edizione italiana dell’opera di Didier Anzieu sullo psicodramma analitico dei bambini e degli adolescenti, riscosse scarso entusiasmo presso la scuola di psicodramma lacaniano.
Fu questo l’inizio di un’emancipazione progressiva dallo psicodramma della SEPT, nonostante i suoi molti meriti, relativi soprattutto all’attenzione data al transfert. Il distacco avvenne senza fratture brusche, mentre proseguiva la nostra ricerca teorico-clinica e un gruppo torinese degli allievi dei Lemoine cominciò a praticare, a sua volta, uno psicodramma analitico di tipo junghiano.
La ricerca dell’Arpa sfociò nella pubblicazione in Italia dei tre volumi di Psychodrama di Moreno . Per celebrare l’evento, Mario Ubaldini organizzò la presentazione dell’opera base di Moreno all’università di Roma, Firenze, Milano, Torino, Padova e Palermo con la partecipazione di esponenti della cultura e delle principali scuole di psicoterapia, tra cui Leonardo Ancona, Cesare Musatti, Diego Napoletani, Ferdinando Vanni, Gianni Montesarchio, Franco di Maria, Girolamo Lo Verso, Riccardo Zerbetto, Piero Ferrucci, Alberto Semi, Eugenio Gaburri, Eugenio Calvi. Nell’ambito dello psicodramma collaborarono: Giovanni Boria, Mirella Novelli, Giancarlo Duelli, Giulio Gasca, Donata Miglietta, Santuzza Papa, Donatella Musso, Mario Ardizzone e altri.
Ma al di là della teoria, era iniziata, non più a Parigi ma in America, una verifica concreta dell’approccio terapeutico di Moreno, delle sue varie applicazioni, individuali, gruppali, istituzionali, non solo nei setting tradizionali ma anche in quelli in situ che ne facevano un precursore della “terapia di rete”, e di altre tecniche di psicoterapia.
Va tenuto presente che c’è una notevole differenza tra lo psicodramma e le scuole che si basano soprattutto sull’intervento verbale. In realtà sono molti i codici (da quello dell’azione a quello della vista, da quello del gioco a quello della musica, dalla reciprocità emotiva del tele all’incontro di gruppo e al contatto corporeo) mobilitati dalla corrente di psicoterapia di Moreno. Il suo approccio travalica la classica comunicazione verbale, a favore di una comunicazione olistica e “multimediale” che resta estranea ad alcune tipologie di psicologi e psichiatri, ma può avere un’efficacia terapeutica e vitalizzante in mano ad altri. A condizione che abbiano ricevuto una preparazione idonea da un punto di vista teorico, tecnico e personale.
Su questa base, la nostra associazione si diede tre obiettivi.

Il primo era quello di studiare e praticare i territori limitrofi a quello dei tradizionali gruppi di psicodramma con cadenza settimanale o seminariale: i vari tipi di sociodramma, il role-playing di formazione, gli interventi in situ, lo psicodramma con ego ausiliari o attori di professione, l’uso delle riprese video, la “psicomusica” e altro.
Il secondo obiettivo era di focalizzare le analogie e le differenze dello psicodramma con scuole e tecniche di psicoterapia che, pur mantenendo una loro specificità, hanno punti di contatto di grande interesse col pensiero di Moreno. Innanzi tutto l’approccio sistemico inaugurato da Bateson e dalla scuola di Palo Alto, ma anche la gruppoanalisi di Foulkes, l’immaginazione attiva di Jung e, last but not least, l’analisi attiva di Ferenczi e l’ipnoterapia di Milton Erickson.
Infine, il terzo obiettivo era quello di riconoscere la validità, parziale ma non esaustiva, dei vari tipi di psicodramma, da quello classico a quelli di impostazione analitica, al fine di integrarli in un approccio psicoterapeutico non precostituito una volta per tutte, ma sensibile alle diverse esigenze cliniche e alla personalità dei terapeuti. A questo scopo la nostra associazione ha cercato di individuare e definire le tecniche e gli approcci metodologici che caratterizzano i tre tipi di psico.play (alias psicodramma) maggiormente diffusi in Italia: classico, junghiano e freudiano. I risultati di massima della ricerca possono essere riassunti nella tabella contenuta nell'articolo "Tre tipi di psicodramma" (alla page "Articoli e saggi" del nostro sito).
Sorge a questo punto una domanda. Tecniche a parte, quali sono le differenze metodologiche tra i tipi di psico.play più diffusi in Italia e Francia?
Proviamo a rispondere con una griglia basata sul concetto di operatore terapeutico di trasformazione , introdotto da Claude Lorin nel suo libro sullo psiocdramma dei bambini (cfr. bibliografia, alla page Articoli e Saggi) fondamentale per la comprensione dello psico.play dei bambini ma anche degli adulti.
Lorin prende il concetto di operatore dalla Logica, dove corrisponde a un gruppo di operazioni (proposizioni, interventi, argomenti o simboli) da svolgere. Il clinico francese individua, in modo magistrale, quattro operatori terapeutici dello psico-play , da lui definiti: ermeneutico, di incitamento, mimetico, e di confronto, ai quali, da parte nostra, proponiamo di affiancarne un quinto: l’operatore scenico immaginale.

L’operatore terapeutico di tipo ermeneutico, prevalente nello psico,play analitico (freudiano, junghiano o lacaniano) deriva dai processi di pensiero del conduttore e consiste nell’interpretazione analitica del gioco del paziente, basata su un sistema esplicativo precostituito ed indipendente dallo psicodramma. Questo operatore è forse quello che maggiormente si presta ad usi e abusi, soprattutto se utilizzato nei termini di una causalità lineare, arbitraria ma proposta con certezza assoluta. Secondo Lorin questo operatore “Dovrebbe restare ipotetico nella misura in cui opera in modo intuitivo in un ambito inter-relazionale: il transfert” . E interessante notare che il ricorso a operatori modali di non implicazione diretta (mi sembra che… può darsi… è possibile che tu…) raccomandato da Lorin ai suoi studenti, è in linea con lo stile di conduzione non direttiva dei primi allievi di Moreno formati all’istituto di Beacon.

L’operatore terapeutico di incitamento, altro non è che il warming-up iniziale alla spontaneità e al gioco, agli antipodi del silenzio analitico mantenuto all’inizio della seduta per favorire la regressione. Questo operatore invita il gruppo a partecipare all’evento scenico in modo attivo e non passivo, ribaltando la classica struttura dell’evento teatrale organizzato tra platea e palcoscenico. Si tratta di un fattore, di accoglienza e sollecitazione, un rito di entrata, continuamente rinnovato che deriva dall’invito ad un incontro di Moreno. Un esempio estremo di questo operatore è quello che aprì il socio.play L’oro e il piombo del perdono dedicato al Parents Circle di Tel Aviv, un gruppo di israeliani e palestinesi, genitori, mogli e figli di giovani morti in guerra o negli attentati terroristici. Il gruppo entrava attraversando, sulla musica di P. Glass, un portico dove trovava le fotografie dei caduti, delle famiglie e degli antenati di tutti quelli che partecipavano all’incontro. Non avevano luogo saluti, né discorsi. Il conduttore e gli attori presenti come ego ausiliari accoglievano i protagonisti del socio.play offrendo l’antica cerimonia di lavaggio dei piedi come rito di entrata, senza parole.

L’operatore terapeutico mimetico, in psico.play rivela ed elabora quei processi di identificazione e contro-identificazione coscienti e inconsci che intrappolano il soggetto in parole e desideri altrui. Si potrebbe dire che lo psico.play vero e proprio rivela al soggetto che nella vita reale ha sempre giocato, senza saperlo né volerlo, uno “psicodramma” cieco, non terapeutico ma funzionale ad una logica sistemica che gli sfugge ma alla quale egli non sfugge. Un gioco di ruoli immaginari in cui non figura come attore quanto come “attato”. E come se le scene del passato incordate in un trauma cumulativo avessero sequestrato la libertà del soggetto, occupando il suo teatro mentale. Quando il gioco rivela i mimetismi assunti e i ruoli imposti dall’ambiente, come avviene in certi drammi di Pirandello, il terapeuta non si limita all’analisi ma interviene per facilitare il loro superamento. Nello psico.play dei bambini i fattori terapeutici dell’operatore mimetico sono l’identificazione laterale dei bambini tra di loro e l’identificazione nei terapeuti.

L’operatore terapeutco di confronto, prevalente nello psico.play classico e nelle dimensioni etiche e spirituali care a Moreno, rimanda alle potenzialità esistenziali dischiuse dal gioco e dall’incontro. E’ una funzione empatica di aiuto nell’hic et nunc. Un approccio direttivo e sollecito che propone al paziente di muoversi con coraggio verso il suo futuro.

L’operatore terapeutico scenico immaginale, prevalente nello psico.play classico e, in misura minore, in quello di matrice junghiana, articola uno spazio transizionale di gioco. In questa rêverie terapeutica diventano possibili trasformazioni simboliche che possono trasferirsi alla vita del paziente. Questo operatore sembra agli antipodi di quello ermeneutico, ma in realtà lo presuppone perché ha bisogno dell’analisi come guida silenziosa di un gioco intelligente. Esso costituisce la dimensione elettiva di Moreno e dello psico.play classico e lo imparenta all’analisi attiva di Ferenczi e ad alcuni casi clinici di Milton Erickson.

E’ evidente che le ibridazioni e gli sconfinamenti tra un operatore e l’altro sono continui e infiniti come quelli tra generi letterari o musicali. La tabella vuole solo costituire un’indicazione di massima della complessità, della ricchezza e delle articolazioni del metodo terapeutico inaugurato da Moreno. Quanto alla sua efficacia come metodo di psicoterapia, non è facile pretendere che lo psico.play si presti a criteri di misurazione scientifica. Chi ha cercato di farlo non ha ottenuto risultati attendibili, tanto numerose e non quantificabili sono le variabili che andrebbero prese in considerazione. In effetti l’efficacia terapeutica dello psicodramma riposa non tanto sulla fede riposta nei modelli o nella capacità di usare le tecniche, quanto sulla competenza diagnostica e clinica del conduttore e soprattutto sulla sua maturità e consapevolezza personale.



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