So benissimo quali sono i miei problemi!

Autore: Maria Rita D'Onofrio

So benissimo quali sono i miei problemi! Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati.
(Albert Einstein)


Molte persone si rendono conto di avere delle difficoltà che rendono difficile la loro vita, e questo è molto positivo, perché la consapevolezza è un presupposto importantissimo di ogni cambiamento

Spesso però si preferisce non chiedere aiuto, perché si crede che il fatto stesso di sapere di avere una determinata difficoltà rappresenti di per sé una soluzione. 

A volte, inoltre, si ha paura che “muovere le acque” significhi mettersi troppo in discussione e soffrire ancora di più. Conoscere i propri problemi però non basta per risolverli, per una serie di motivi:

La visione che le persone hanno di se stesse può essere parziale e viziata dai problemi stessi, che inducono ad attribuire significati a volte poco realistici e, spesso, funzionali al mantenimento dei sintomi del malessere. Ad esempio: penso che gli altri mi trattino male e mi sento una vittima. Magari non mi accorgo che la mia diffidenza mi porta ad essere freddo e distaccato per paura di restare deluso, e che il comportamento delle persone con cui interagisco è una reazione alla mia freddezza e al mio distacco, in un circolo vizioso che si autoalimenta perché non ne sono consapevole.

Pur avendo percezione delle difficoltà, non è automatico che si sappia come fare a superarle 
Le strategie che vengono adottate tendono ad essere figlie dei problemi stessi. Ad esempio: ho paura di prendere l’ascensore, quindi evito di farlo. Mi sembra di aver risolto, perché non prendendo mai l’ascensore non vado in ansia. In realtà, l’evitamento delle situazioni ansiogene è uno dei più potenti meccanismi di mantenimento dell’ansia stessa. Per restare sull’esempio, solo quando potrò prendere l’ascensore tutte le volte che voglio senza provare ansia avrò superato il problema.

La percezione stessa della natura dei problemi può essere erronea
Ad esempio: sono convinto che il mio disagio dipenda dal mio partner, e che se lui/lei cambiasse avrei risolto tutto. Ma attribuire all’esterno le ragioni della propria sofferenza è una visione ingenua: come si spiega, allora, che la stessa situazione provochi reazioni emotive diverse in persone diverse? Se il nostro benessere dipendesse soltanto dalle vicende esterne avremmo tutti la stessa reazione a fronte della stessa condizione, ma è evidente che non è così. C’è bisogno allora di imparare a osservare se stessi per capire come mai quella data situazione/persona/avvenimento ci fa soffrire così. É uno sforzo, e comporta la rinuncia ad alcune certezze per metterci in discussione e trovare spiegazioni e risposte centrate su di noi. Queste sono le uniche realistiche, e le uniche affrontabili. Non abbiamo il potere di cambiare gli altri, e se anche lo avessimo sarebbe inutile, perché nel momento in cui incontrassimo di nuovo, ad esempio, quel tipo di persona che “ci fa stare male” ricominceremmo inevitabilmente a sentirci a disagio perché i veri motivi della nostra sofferenza sarebbero ancora vivi e vitali.

In sostanza, credere di saperne abbastanza su un nostro disagio, tanto da non avere bisogno di aiuto, ci può portare ad illuderci di riuscire con un po’ di pazienza a tenere sotto controllo la situazione, nascondendola a noi stessa e agli altri. Ma questo non fa che esacerbare i problemi e stabilizzarli, mentre l’aiuto di un professionista ci porterebbe non solo a risolverli – magari in breve tempo – ma a crescere personalmente e ad acquisire strumenti e conoscenze molto importanti e utili nella vita di tutti i giorni.

Il viaggio semiserio tra i pregiudizi più comuni che investono la figura dello Psicoterapeuta continua con Sono fatto così… ho un brutto carattere. Che può fare mai lo psicologo?”

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